| Arabismo | Giovedì, 11 dicembre 2008 | Alessandra Fabbretti |
La presentazione di Taxi di Khaled Al Khamissi ha risvegliato musica, suoni, immagini ed emozioni tra i muri dell’Associazione Culturale Apollo Undici (via Conte Verde, 51 Roma), organizzata in collaborazione con l’associazione Un Ponte Per.. e la casa editrice Il Sirente lo scorso venerdì 6 dicembre.
La chitarra di Marco Bonini e il contrabbasso di Riccardo Gola hanno accompagnato al ritmo di tonalità vibranti e piacevoli la lettura di alcuni delle storie più particolari di Taxi, una raccolta di 58 racconti dal sapore sociologico, ispirati al microcosmo dei divertenti e onnipresenti veicoli gialli del Cairo, dal punto di vista tanto degli autisti che dei passeggeri.
Luci soffuse, profumo d’incenso nell’aria, pause lunghe rese leggere dalla musica e la voce squillante della lettrice hanno trasportato il pubblico nei luoghi del libro, tra i volti dei suoi abitanti e i colori e i rumori delle sovraffollate strade della capitale egiziana.
Per chi già la conosceva, ha significato la rievocazione di luoghi familiari; per chi non l’ha ancora visitata, questo testo dischiude certamente gli aspetti più veri e significativi di un popolo che vive oggi a cavallo tra il passato e la modernità, tra voglia di vivere e difficoltà quotidiane, tra ottimismo e pessimismo, tante dicotomie causate dai numerosi problemi sociali che gravano su questo e tanti altri paesi del Mondo arabo.
La povertà, la miseria, il regime politico, l’Islam intollerante, le tradizioni ceche che non lasciano posto alla volontà individuale intrecciano i discorsi e le situazioni di questo testo polifonico, senza tuttavia appesantirne la lettura o ridurne i toni scherzosi, ironici e a volte esilaranti che al Khamissi dona attraverso i suoi personaggi, e ciò conferisce a questa raccolta la capacità di interessare e appassionare il lettore ai temi più attuali dell’Egitto contemporaneo.
“Per le strade del Cairo si percepisce un sentimento di Fine” scandisce Al-Khamissi “Fine per un’epoca, fine per la speranza, fine per la politica, che da più di vent’anni è occupata dalla presidenza di Moubarak. È questo sentimento severo che ho voluto raccontare nel mio libro. “Anche la nostalgia è un’altra sensazione che è possibile sentire: si prova nostalgia, per esempio, per la vita come era negli anni ’70 e ’60, per il patriottismo, che molti giudicano ormai morto, per la possibilità di esistere senza provare fame e privazioni.
“Durante un’intervista, il giornalista mi ha chiesto se la storia “Niqab e tacchi a spillo” fosse vera o frutto della mia fantasia.1 “ prosegue l’autore “Purtroppo episodi come questo sono estremamente frequenti. In Egitto esistono moltissimi quartieri popolari, nei quali è difficile per le ragazze non indossare il velo o il niqab. Nella facoltà dove mi sono laureato negli anni ’80, ricordo che le studentesse velate erano solamente due. L’anno scorso, per caso, mi è capitato di doverci andare e ho potuto constatare che solo due ragazze non portavano il velo. Allora ho chiesto loro se potevo intervistarle. Si sono rifiutate, ma mi hanno comunque detto che la diffusione del velo non ha nulla a che fare con la religione, bensì è un fenomeno politico e sociale, che però causa loro molti fastidi. Spesso, mi hanno confidato, gli autisti degli autobus rifiutano di farle salire a bordo proprio perché hanno il capo scoperto”.
Taxi racchiude in sé i mille volti di una città, che per numero di abitanti rappresenta 1/3 dell’Italia, nella quale coabitano esperienze, vite, convinzioni e caratteri differenti e molteplici in modo quasi inimmaginabile, ecco perché il pubblico italiano ne è rimasto affascinato e il libro ha attraversato da nord a sud il nostro paese, in una 10 giorni di incontri, presentazioni e dibattiti, che ci auguriamo non si arresti né costituisca un caso isolato ed eccezionale.
È il quarto racconto del libro. Una ragazza, coperta dalla testa a piedi dal niqab, il tradizionale velo nero che lascia scoperti solo gli occhi, una volta nel Taxi inizia a cambiarsi e a truccarsi, suscitando lo stupore dell’autista; questi non riesce a fare finta di nulla e le chiede il perché di tale bizzarro comportamento. La donna spiegherà che, pur essendo costretta a indossare il niqab sia in casa che all’esterno, lavora in segreto come cameriera in un elegante ristorante dove può guadagnare più di qualsiasi altro mestiere che i suoi genitori approverebbero
Quando e perché ha deciso di scrivere questo libro, che ha la particolarità di avere come oggetto, o contesto, il Taxi?
Durante la mia vita mi sono sempre interessato alle parole, ai dialoghi del Cairo, alla genialità e alla saggezza che gli egiziani sanno esprimere con grande semplicità. Tale saggezza, analizzata da un punto di vista politico, economico e sociale, ha sempre destato in me profondo stupore: essa deriva da un popolo millenario, che nel corso dei secoli ha saputo sviluppare un rapporto forte con le istituzioni. Io sono solito prendere molto spesso il Taxi. Un giorno, un autista mi raccontò una storia, che è finita poi nel mio libro, a proposito del Primo Ministro egiziano il quale ha la nazionalità canadese. L’ho trovata molto interessante e rappresentativa di ciò che accade normalmente per le strade, e allora mi sono detto che avrei dovuta scriverla. Scrivendola, ho capito che dovevo continuare. E così è nato il mio libro.
La confusione, il rumore che regna nelle strade e nelle vie del Cairo può rappresentare in qualche modo il popolo egiziano?
No, non lo credo affatto. Il Cairo ha assistito ad una crescita demografica enorme durante il XX secolo All’inizio del 900 aveva 600,000 abitanti, verso la metà aveva raggiunto i 2,5 milioni, mentre oggi si è arrivati ai circa 18 milioni. Si tratta dunque di una crescita demografica enorme, che ha delle conseguenze certamente pesanti sulla città, come il traffico, l’inquinamento e il rumore, ma tutto ciò non rappresenta la popolazione né la personalità del Cairo.
Lei è molto critico verso la politica, il governo e le leggi del suo paese. Ritiene che i cambiamenti che hanno luogo in questo momento nel mondo, come l’elezione del presidente Barak Obama negli Stati Uniti, possano riflettersi anche sui regimi e i sistemi dei paesi arabi e sull’Egitto in particolare?
Posso dire che, avendo ascoltato molte persone al Cairo, come i passanti, gli autisti dei Taxi, o la povera gente, la venuta di Obama non cambierà nulla per l’Egitto. Per gli Stati Uniti certamente, per altri paese forse, ma non per l’Egitto, come per la questione del conflitto arabo-israeliano. Per gli egiziani, quelli che vivono nella miseria soprattutto, repubblicano o democratico significa in fin dei conti solo vedere due volti diversi. Non serve cambiare questo volto, che sia giovane o anziano, bianco o afroamericano. C’è stato un cambiamento, certo, ma non è quel genere di cambiamento che serve per migliorare le cose.
In un racconto, lei descrive i Fratelli Musulmani con molta ironia. Quanto c’è di vero in ciò che lei scrive in questo monologo, e di cui lei è convinto anche nella realtà?
Per le strade del Cairo non si crede davvero a una forza politica di qualsiasi tipo: né ai partiti, né ai Fratelli Musulmani, né a nient’altro. C’è la sensazione che in realtà tutte queste persone siano deboli, che i movimenti politici siano deboli, che i partiti e gli avvenimenti siano deboli. Tutto ciò viene definito “balance de faiblasse”, perché tutti sono privi di forza e quindi nessuno può concretamente cambiare le cose. L’ironia nasce da questa condizione, e dal fatto che nessuno crede che ci sarà un cambiamento. Anche i Fratelli Musulmani, senza potere, non sono in grado di fare nulla, esattamente come gli altri, come ad esempio i partiti, siano essi di destra, di sinistra o di centro.
Il suo libro, Taxi, ha riscosso notevole successo nei paesi Europei. Perché?
Non mi sento ancora di dire che il mio libro ha avuto un gran successo in Europa, ma lo spero. Se esistono delle persone che si interessano al mio libro, è perché esso rappresenta le strade del Cairo e quindi ciò che succede al giorno d’oggi nella società egiziana. In tutti i casi, la letteratura è un mezzo di comunicazione tra i paesi e tra le culture, come un ponte, e io mi auguro che il mio testo riesca ad attraversare questo ponte, posto tra le due rive del Mediterraneo, tra l’Egitto e l’Italia, con molte altre letterature che siano portate in Egitto o dall’Egitto verso l’estero.