“La Mecca – Phuket” in anteprima al Festival del Libro di Firenze
“La Mecca – Phuket” di Saphia Azzedine in anteprima per voi allo stand de il Sirente a Libro Aperto, Primo Festival del libro a Firenze (17 – 19 febbraio Fortezza da Basso, Firenze).
Per chi invece non passa per Firenze lo troverete a fine febbraio nelle migliori librerie.
Un libro per vincere qualche stereotipo sul mondo arabo-islamico, con un’ironia graffiante e un linguaggio spezzato, tipico del migliore argot banlieusard, vi ritroverete catapultati nelle banlieue parigine, dove navigando tra intelligenza pratica e stupidità teorica, Fairouz, figlia d’immigrati marocchini in Francia, combatte ostinatamente contro se stessa per emanciparsi dalle sue origini. In modo nervoso ma efficace, saprà riappropriarsi della sua vita, muovendosi tra quel che le ha trasmesso la famiglia e quello che si profila all’orizzonte. All’orizzonte, oltre la Francia, c’è la Mecca… ma dopotutto, perché non Phuket?
Di pochi giorni fa la notizia di un paventato ritorno dello spettro della violenza nelle banlieue, ecco cosa ne pensa Fairouz protagonista del libro “La Mecca-Phuket”.
Credevo in Dio. Facevo il ramadan. non mangiavo maiale. non bevevo alcool. Ero vergine. non sparlavo. Cioè, solo un po’. Ero quello che si chiama comunemente una musulmana laica, che non rompe le palle a nessuno. Ci tengo a precisarlo, perché visti da lontano si ha l’impressione che oggi i musulmani rompano le palle, sempre, continua- mente e a tutti quanti. Quando non bruciano le macchine, bruciano le donne, quando non sono le donne, sono le sinagoghe e quando non sono le sinagoghe, se la prendono con le chiese, i musei e i neonati. Ma Dio è misericordioso, la Francia molto clemente e il musulmano abbastanza filosofo, in fin dei conti.
A volte, venivano nel mio quartiere squadre di giornalisti in cerca di scoop circondati da guardie del corpo per rendere conto della minaccia islamico-integralista-estremista-oscurantista-salafita-wahabita, in soldoni per intervi- stare qualche coglione con una tunica bianca, ignorando coscienziosamente dei ragazzi ancora sulla retta via ma che non avrebbero tardato a cedere per non essere stati appoggiati da nessuno. Impedivo a mio fratello di prenderli a sassate con i suoi amici quando li vedeva arrivare con l’aria fraterna. Ma in realtà gli impedivo soprattutto di farsi prendere o di far casino, in modo che capissero che era troppo venire a servirsi a casa nostra e poi non dividere alla fine del mese. Gli spacciatori perlomeno hanno la decenza di far mangiare tutto l’indotto, dal coltivatore al palo. Dopo il loro reportage abietto, avevano la coscienza talmente sporca che si redimevano con un documentario sdolcinato in seconda serata (“Dr. House” non si tocca, non scherziamo) sui “ragazzi di banlieue che ce l’hanno fatta” e le “ragazze di origine araba che non si sottomettono”.
Traduzione dal francese di Ilaria Vitali, “La Mecca-Phuket” di Saphia Azzedine