| La Stampa | Venerdì 5 giugno 2009 | Khaled Al Khamissi |
Una piccola protesta di cinque persone ha avuto luogo al Cairo prima che Obama pronunciasse il suo discorso all’Universita’. E’ curioso il fatto che la polizia abbia acconsentito loro di avvicinarsi all’ateneo, mentre tutte le strade erano sbarrate. Come hanno potuto? La risposta e’ semplice, erano americani: erano venuti da Gaza per manifestare e attirare l’attenzione di Obama sulla tragedia palestinese. Obama ha difeso eroicamente i diritti del popolo palestinese: devo esserne contento. Ha utilizzato un linguaggio idealista parlando di un futuro prossimo in cui noi attueremo la visione di Dio qui sulla terra vivendo in pace e armonia in un mondo senza armi nucleari, dove il soldato Usa tornera’ in patria e ogni uccello vivra’ nel suo nido felice, nel suo stato. Obama ha chiesto ai giovani di non restare prigionieri del passato, di forgiare un futuro dove regni la pace e con questo – credo – ha chiesto di dimenticare la storia dell’umanita’ per rivolgersi al mondo fantastico di Disneyland. Ha citato versi del Corano, del Talmud, della Bibbia. Ha parlato come se vivessimo prima del Rinascimento citando le religioni e non le nazioni moderne. E’ venuto nel mondo arabo per parlare ai musulmani e non agli arabi, come se qui non esistessero altre religioni, oppure formazioni laiche che risalgono ai primi anni del secolo scorso. Nel 1919 scoppio’ in Egitto una rivoluzione per l’indipendenza il cui motto era «la fede e’ per Dio e la patria per tutti», e i cui leader edificarono l’Universita’ del Cairo nel 1908. Cento anni dopo in quell’Universita’ e’ venuto un presidente americano a parlarci di fede per tutti e di una patria che non c’e’. Obama ha esordito con una serie di lodi e poi ha fissato alcuni punti nodali: primo, il terrorismo, la cui origine e’ da individuare in Al Qaeda e nei Taleban, senza menzionare chi li ha creati, armati e finanziati. Non ha spiegato che gli Usa, durante il loro scontro con l’Urss in Afghanistan, crearono Al Qaeda e i Taleban e finanziarono i movimenti islamisti in tutto il mondo arabo per combattere il comunismo e impedire l’avanzata del laicismo arabo. Secondo, ha parlato della tragedia palestinese ma non ha menzionato chi esercita la tortura contro quel popolo. Terzo, ha detto di voler bloccare la corsa agli armamenti in Medio Oriente, dicendo che impedira’ all’Iran di avere l’atomica, senza accennare al fatto che nell’agone c’e’ un solo competitore: Israele. Quarto, la democrazia. Qui ha assicurato i regimi autocratici arabi che non si intromettera’ nei loro affari. Quinto, la liberta’ religiosa accennando alle dispute fra sunniti e sciiti in Iraq, senza chiedere scusa per quello che gli Usa hanno fatto per dividere il popolo iracheno e tanto meno per il loro ruolo nel redigere una Costituzione che divide e alimenta le divisioni del paese alla stregua della Francia all’epoca dell’occupazione del Libano. L’Iraq infatti soltanto dopo l’occupazione Usa ha assistito a un conflitto fra sunniti e sciiti, cosa mai successa nei tempi moderni. Il Presidente ha insistito sul concetto di fratellanza e sulla divisione delle responsabilita’ per poter costruire un futuro migliore: tutti sono rimasti entusiasti delle sue parole e hanno tanto applaudito e sorriso. Obama e’ riuscito ad accontentare tutti. Credo che il suo discorso verra’ considerato il miglior sermone religioso di quest’anno, inshallah. *Scrittore del Cairo, autore di «Taxi» (Edito in Italia da il Sirente)