[st_divider_shadow] Estratti / Excerpts [st_divider_shadow]
Sumia Sukkar
IL RAGAZZO DI ALEPPO CHE HA DIPINTO LA GUERRA
THE BOY FROM ALEPPO WHO PAINTED THE WAR
ISBN 9788887847574
[st_icon name=’file-text’ size=’icon-2′ color=” type=’normal’ background=” border_color=” align=’ss-none’ icon_spin=’no’] [st_icon name=’paste’ size=’icon-2′ color=” type=’normal’ background=” border_color=” align=’ss-none’ icon_spin=’no’] [st_divider_shadow]
Il sole è appena sorto. Mi sveglio sempre a quest’ora, semplicemente perché non riesco a dormire se fuori c’è la luce e non mi piace chiudere le tende, perché mi fa sentire in trappola. Una volta stavo giocando a nascondino con Khaled e mi sono nascosto sotto il letto, lui non riusciva a trovarmi. Poi mama l’ha chiamato e si è dimenticato di me. L’ho aspettato per ore. Da quella volta lì ho cominciato a odiare i posti piccoli e bui. Mi fanno paura.
Quando mi siedo sul letto, posso guardare fuori dalla finestra. La strada è deserta e anche più polverosa di prima. Il caffè è ancora chiuso, si vedono i manifesti sui muri. Deve senz’altro essere una tempesta di sabbia, o forse una guerra, come ha detto Yasmin. Faccio un salto verso la finestra per leggere cosa dicono i manifesti, ma non ci riesco da questa distanza. Guardo l’orologio. È sabato. Non ho scuola oggi, perciò non posso uscire. Vado fuori solo quando c’è la scuola, altrimenti non ho nessun’altra ragione per farlo. Dovrò aspettare, prima di leggere ciò che dicono i manifesti.
Sento l’odore di caffè provenire dalla cucina. Il gusto mi fa schifo, ma mi piace svegliarmi con quel profumo. Dal salotto mi arriva il suono della TV. Di solito nessuno si sveglia così presto di sabato, tranne me e Yasmin. Con un salto torno sul letto e poi alla porta, per vedere chi stia guardando la televisione. Voglio guardare il mio programma mattutino sull’arte moderna, ma mi sa che oggi non ci riuscirò. Faccio cinque passi, poi uno a destra, metto giù l’altro piede e ne conto altri tre verso il salotto.
Il salotto sembra un quadro di arte astratta dai toni brillanti. Strizzo gli occhi. Ci sono troppi colori, per essere di mattina. La famiglia al completo è seduta davanti alla TV. Hanno tutti il piumone addosso. Mi domando da quanto tempo stiano lì. La colazione è ancora intatta: sul tavolo ci sono cinque caffè, un piatto con peperoni rossi e gialli affettati e del formaggio labna in una ciotola. Mi manca il labna di mama, il suo era il migliore.
Nessuno si gira verso di me quando entro. Mi domando cosa stia succedendo. Immagino sia per la tempesta di sabbia, non può essere veramente una guerra. Nessuno indossa abiti militari. Sullo schermo si vedono le strade affollate da enormi gruppi di persone che protestano con striscioni che da qui non riesco a leggere.
“La rivoluzione nel mondo arabo sta continuando ormai da nove mesi e ora la Siria sta affrontando una rivolta,” dice la voce della commentatrice con un tono come se una raffica di puntine metalliche le stesse saltando fuori dalla bocca. Non riesco più a guardare.
Yasmin si alza per andare in cucina e mi vede lì in piedi.
“Adam, vai a lavarti che intanto ti preparo la colazione.”
“Cosa sta succedendo Yasmin? Anche noi stiamo protestando? Pensavo ci fosse una tempesta di sabbia.”
“Una tempesta di sabbia? Dai, Adam, vai a lavarti, su.”
“Yasmin, perché non vuoi dirmelo?”
“Adam, non c’è nessuna tempesta di sabbia. Ci sarà una guerra. Una guerra vera e propria e noi domani andremo alle manifestazioni.”
“Io ho la scuola domani, Yasmin, non posso andare alle manifestazioni.”
“Non puoi andare a scuola, habibi, starai a casa con Isa.”
“Ma io devo andare a scuola, non posso perdere nessuna lezione.”
“Oh Adam… habibi a causa della guerra non c’è scuola. Sono tutti fuori a protestare. La scuola ricomincerà presto, te lo prometto.”
“Okay, io e Isa staremo a casa, Signorina,” le dico correndo attraverso la cucina, attento a evitare le mattonelle nere e poi, a tre passi di distanza, spicco un salto dentro il bagno. Mi lavo i denti con una quantità di dentifricio uguale a un pisello. Nel mio armadietto ne tengo sempre uno come misura. Strofino i denti tre volte a destra, tre a sinistra, tre volte su e tre giù, poi sputo nel centro del lavandino.
Sotto la doccia penso alla scuola. C’è solo un ragazzo che mi sta simpatico, Nabil. È l’unico a essere gentile e a non prendermi in giro. Qualche volta mi compra pure la merenda, anche se di solito è senza soldi. Non mi dispiace dividere il cibo con lui, ma non gli lascio toccare la parte che mangerò io.
“Ho una sorpresa per te” mi ha detto una volta, mentre si precipitava in classe per sedersi vicino a me.
Ho spostato un po’ la sedia perché mi era troppo vicino e mi alitava in faccia. Sapeva di caffè e gomma da masticare. Io adoro il profumo del caffè, ma non nell’alito di una persona.
“Ehi, Signorino. Come stai oggi?”
“Bene Adam, indovina un po’? Ho Guild Wars!”
“Nooo, veramente? Fantastico! Posso giocarci con te?”
“Certo, per quello sono venuto subito da te. Vuoi venire da me a giocare?”
“Da te dove?”
“Vuoi venire a casa mia?”
“Non so dove sia casa tua, Signorino.”
Lo shampoo sta per entrarmi negli occhi, ma le mie superdita lo bloccano appena in tempo. Se non ci fossi riuscito, oggi non avrei rivolto la parola a nessuno. Porta sfortuna parlare con qualcuno, quando mi capita. Ho solo dieci minuti per lavarmi e cambiarmi, perché ci mancava tanto così che lo shampoo mi entrasse negli occhi: ecco fatto, in dieci minuti esatti sono pronto.
“Yasmin ho finito.”
“Sì habibi, lo vedo. Hai un buonissimo profumo.” E mi lancia un bacio.
“Sono affamato come un leone!”.
“Questa l’hai imparata a scuola?”
“No, stavo guardando un documentario alla TV. E l’uomo diceva che i leoni hanno un gran appetito.”
Yasmin si mette a ridere e così faccio anch’io. La sua risata è divertente: è come sbucciare una mela su una superficie bagnata e splendente.
“Cosa vuoi per colazione Signorino Lingualunga?”
“Tè e labna, per favore, Signorina Bella.”
“Adam, come si dice tè in giapponese?”
“Perché lo vuoi sapere? Non mi chiede mai nessuno del mio giapponese.”
“Be’ qui nessuno parla giapponese. Allora dimmi, come si dice tè?”
“Ocha.”
“Ota?” E si mette a ridere con la faccia rivolta verso l’alto. Non so perché in questi casi la gente inclini indietro la testa. Forse la laringe ha bisogno di uno spazio maggiore per ridere così tanto.
“Ota, come ‘gatto’ in dialetto egiziano? Ti piacerebbe bere un gatto?”
La sua risata è veramente stridula.
“No Yasmin! O-CH-A!”
“Ocha? Oh, così non fa più ridere, vuoi un po’ di OTA?” Mimandola lentamente con le labbra per punzecchiarmi.
“Ocha oppure hitotsu kudasai!”
E scappo via come un fulmine mentre rido di Yasmin. Io la adoro, perché mi rende felice. Quando giochiamo così, diventa del mio colore preferito, il più vibrante di tutti, il rosso rubino.
“Cosa? Vieni subito qui! Cosa significa? Vieni subito qui Signorino Lingualunga o ti tiro una ciabatta!”
Continuo a correre evitando i disegni gialli del tappeto e quando raggiungo il salotto, mi nascondo dietro baba.
“Scccc Adam, stiamo guardando il telegiornale!”
Non dico più una parola e cerco di trattenere in gola la mia risata. Sembrano tutti così stanchi e turbati. Forse perché sentono la mancanza di mama. Non può essere per via della guerra. Una guerra è uno stato di conflitto armato tra diverse nazioni, o stati, o gruppi all’interno della stessa nazione. Non c’è alcun conflitto in Siria da giustificare una guerra. Il dizionario non mente, perciò se dice così, io ci credo.
La giornata procede lentamente. Finisco la colazione e lascio il salotto. Mi annoio troppo a starmene seduto a guardare il telegiornale e ascoltare la mia famiglia che discute di politica. Vado in camera mia a pensare a quale libro posso leggere oggi. Ho appena preso in prestito dalla biblioteca Morte a Venezia di Thomass Mann. Penso che comincerò con quello.
Il nome del personaggio principale ha un’aria grigia, significa che non mi piacerà: Gustave Aschenbach è un nome di colore molto scuro; deve essere cattivo. Non voglio finire questo libro per non rimanerci male. Se ci penso, nella mente mi si formano degli esagoni e vedo delle api che ci girano intorno per pungere. È sicuramente un personaggio cattivo. Solo l’idea di andare avanti a leggere mi spaventa.
L’immagine scura che ho in testa, dopo appena una pagina del libro, mi fa venir voglia di dipingere. Vado verso l’angolo di camera mia, apro tutti i coperchi dei colori sul tavolo e mi metto a sedere. Il mio pennello sfreccia verso il grigio. Ho un’idea migliore però. Prendo la bottiglietta e la rovescio sulla carta bianca. Il colore scorre verso il basso e prima che si secchi immergo il pennello nell’arancione. Disegno il sottile contorno di due occhi che guardano stanchi e una fiamma riflessa nelle pupille. Cerco di essere il più delicato possibile in modo tale che i dettagli siano fini ed evidenti. Ora prendo un pennello più sottile e lo immergo in un blu notte, voglio tracciare un’esile linea intorno alle pupille, così l’arancione e il blu all’unisono esprimeranno il terrore di quegli occhi. Il grigio sullo sfondo si è mescolato con l’arancione e ora si è seccato. Tutt’insieme sembra l’indomani di una guerra.
Sposto indietro la sedia per vedere che effetto mi fa da lontano. Sento che vuole comunicarmi qualcosa, sento che vuole dirmi che manca qualcosa. Riconsidero i tre colori. Lo scontro inaspettato tra il grigio e l’arancione mostra le buie conseguenze di una guerra, ma riflette anche un sottile barlume di speranza. Il blu notte intorno alle pupille mi parla, mi dice degli orrori cui è stato testimone. Ci manca un colore più chiaro: il bianco. Il cielo dovrebbe essere dipinto di bianco per prendersi gioco della presunta fine della guerra e mostrare l’ingenuità che resta.
Prendo il colore bianco e con attenzione lo rovescio sulla parte alta del quadro. Sotto ci metto un foglio così da creare una linea perfetta ed evitare che si mescoli con gli altri colori. Poi aspetto cinque minuti, finché si asciuga e tolgo la carta.
Improvvisamente sento degli strani rumori venire da fuori. Sembrano il latrato di un branco di lupi affamati. Non sapevo ci fossero i lupi ad Aleppo. È eccitante sentirli, ma ho paura. Perché mai i lupi dovrebbero ululare in questo modo? Corro fuori dalla mia stanza come un fulmine in cerca di Yasmin.
“Yasmin! Sento i lupi! Yasmin!”
“Vieni dentro Adam, cos’è che non va, habibi?”
“Yasmin, non senti i lupi là fuori? Vieni che ti faccio vedere!”
Conduco Yasmin verso il lato della casa che dà sulla strada fissandola in viso. I suoi occhi sembrano così piccoli. Penso abbia paura. Le avevo visto gli occhi così piccoli, solo al funerale di mama. O ha paura o è preoccupata, ma poi perché preoccuparsi così tanto per via dei lupi?
“Yasmin, che c’è che non va?”
“Tesoro sono cominciate le proteste e stanno arrivando nella nostra via.”
“È questo che intendevi quando hai detto che è iniziata la guerra?”
“Sì, io e i ragazzi dobbiamo unirci alla folla. Adam, tu starai a casa con Isa.”
“Pensavo andassi domani. Non puoi andare oggi, non è ancora ora.”
“Anch’io pensavo che saremmo andati domani, ma devo andare oggi.”
Yasmin corre in salotto a chiamare Khaled e Tareq e a dirgli di vestirsi e prepararsi. Oggi non mi sento troppo bene, forse perché ho paura. E se gli succede qualcosa? Capitano sempre delle disgrazie durante la guerra. C’è sempre del sangue nei dipinti sulla guerra, in tutti quanti. E se tornano a casa ricoperti di sangue?
The sun just came out. I always wake up as soon as there’s light. I just can’t sleep with light outside and I don’t like closing the curtains because I feel trapped. I was once playing hide—and—seek with Khalid and I hid under the bed and he couldn’t find me. Mama then called him and he forgot about the game. I waited for hours. After that I hated small and dark spaces. They’re scary.
I can look outside my window when I sit up on my bed. The street outside is still empty and now even dustier. The cafe is still not open and I can see posters all over the walls. It must really be a sandstorm or maybe a war like Yasmine said. I jump up to the window to read What the posters say but I can’t read them from this far. I look at my watch. It’s Saturday. I don’t have school today so I can’t go outside. I only go out when I have school. I don’t have any other reason to go outside otherwise. I will have to wait to read what the posters say. I can smell coffee from the kitchen. I hate the taste but I love waking up to the smell. I can hear the sound of the television from the sitting room. No one is usually up this early on Saturday apart from Yasmine and me. I jump back on my bed and then to my door to see who is watching television. I want to watch my morning show about modern art but I guess today I won’t be able to. I walk five steps then turn one foot to the right and put the other foot down and count three steps to the sitting room.
The sitting room looks like a messy art canvas with bright colours. My eyes squint. It’s too colourful for me in the morning. The Whole family is sitting around the television. Everyone has their duvets on them. I wonder how long they have been there for. The breakfast is still on the table: red and yellow peppers cut up on a plate and five coffees with labna in a bowl. I miss mama’s labna, she made the best.
Nobody turns around to see me come into the sitting room. I wonder what is going on. I guess it is because of the sandstorm. It can’t really be a war. No one is dressed in army clothes. On the screen, there are huge groups of people on the streets protesting with banners but I can’t read them from here.
‘The revolution in the Arab world has been going on for nearly nine months and now Syria is facing upheaval,’ says the voice—over in a tone almost as if a vicious array of metallic pins were rushing out of her mouth. I can’t watch any more.
Yasmine gets up to go to the kitchen and sees me standing there.
‘Adam, go Wash up and I’ll make you breakfast.’
‘What’s going on Yasmine? Are we protesting as well? I thought there was a sandstorm.’
‘Sandstorm? Oh Adam, just go wash up.’
‘Yasmine, why don’t you tell me?’
‘Adam, there is no sandstorm. There is going to be a War. A real war, we are going to go and protest tomorrow.’
‘I have school tomorrow Yasmine, I can’t go protesting.’
‘You can’t go to school Habibi, you can stay home with Isa.’
‘But I have to go to school, I can’t miss any classes.’
‘Oh Adam… Habibi because of the war, there is no school. Everyone is out protesting. School will start again soon, I promise.’
‘Okay Isa and I will stay home Miss,’ I say and run towards the bathroom, through the kitchen, without stepping on any black tiles and then jump into the bathroom from three steps back. I brush my teeth with a perfect pea-sized amount of toothpaste. I have a pea I keep in my cupboard to compare the size. I brush three strokes to the right, then three strokes to the left. I then brush three strokes up and down and spit in the middle of the sink.
In the shower I think about school. There is only one boy I like in class, Nabil. He is the only one who is nice and doesn’t make fun of me. He even buys me lunch sometimes, but he is usually out of money. I don’t mind sharing my lunch with him, but I don’t let him touch the part I am going to eat.
‘I have a surprise for you,’ he once said as he rushed into the room and sat next to me.
I moved my chair a little away from him, he was too close and his breath was in my face. It smelled of coffee and chewing gum. I love the smell of coffee, but not on someone’s breath.
‘Hello Mister. How are you today?’
‘Fine Adam, guess what? I got the “Guild Wars”!’
‘Really Mister! That is fantastic! Can I play with you?’
‘Of course, that’s why I came to you. Do you want to come over and play with me?’
‘Come over where?’
‘Do you want to come to my house?‘
‘I don’t know where your house is Mister.’
The shampoo is about to get into my eyes. But my superfingers stop it just in time. If they hadn‘t I wouldn’t have spoken to anyone today. It’s bad luck to speak when it happens. I have ten minutes to wash up and change because it was so close to getting into my eyes. I finish in exactly ten minutes.
‘Yasmine, I’ve finished.‘
‘Yes Habibi, I can see. You smell lovely.’ She blows me a kiss.
‘I’m as hungry as a lion!’
‘Did you learn that at school?’
‘No, I was watching a documentary on TV about lions. The man said that lions get very hungry.’
Yasmine laughs so I start to laugh too. Her laugh is funny; it’s like scraping an apple on a shiny wet surface.
‘What would you like for breakfast Mr. Cheeky?’
‘Tea and labna please Miss Pretty.’
‘How do you say tea in Japanese Adam?’
‘Why do you want to know? Nobody ever asks me about my Japanese.’
‘Well nobody speaks Japanese here. So tell me how do you say tea?’
‘Ocha.’
‘Ota?’ She laughs with her head facing upwards. I don’t know why people tilt their head back when they laugh loudly. I think the pharynx needs more space for so much laughter.
‘Ota? Like a cat in Egyptian? Would you like to drink a cat?’
Her laughter is so squeaky.
‘No Yasmine! O-CH-A!’
‘Ocha? Oh, it’s not funny any more, would you like some OTA?’ she slowly mouths to tease me.
‘Ocha o hitotsu kudasai!’
I quickly run off while laughing at Yasmine. I love Yasmine, she makes me happy. When we play like this, she becomes my favourite and most vibrant colour, my colour ruby.
‘What? Come back here! What does that mean? Come back you cheeky boy! I’ll throw my slipper at you!’
I keep running without stepping on any yellow design on the carpet. When I reach the sitting room I hide behind Baba.
‘Shh Adam, we are watching the news!’
I don’t say another word and try to keep my laughter inside. Everyone looks so tired and upset. Maybe it’s because they miss mama. It can’t be because of the war. A war is a state of armed conflict between different nations or states or different groups within a nation or state. There is no conflict in Syria for there to be a war. The dictionary doesn’t lie, so if that’s what it says, that’s what I believe.
The day is going by slowly. I finish breakfast and leave the sitting room. It is too boring to sit around, watch the news and listen to the family talk about politics. I walk to my room and think about what book to read today. I have just borrowed Death in Venice by Thomas Mann from the library. I think I will start reading it.
The main character’s name looks grey, which means I won’t like him. Gustave Aschenbach is a very dark name; he must be bad. I don’t want to finish the book in case it upsets me. Thinking about it forms hexagons in my mind with bees roaming around the shape, stinging. He certainly is a bad character then. Just the thought of reading on scares me.
The dark image I have in my head from just the first page of the book makes me want to paint. I walk over to the corner of my room and open all the lids of the colours on the table as I sit up on the chair. My paintbrush darts for the grey colour. I have a better idea though. I pick up the bottle of grey paint and splash it on the white paper. The paint runs down and before it dries I dip my paintbrush in orange. I draw a thin outline of tired looking eyes that reflects a flame in the pupils. I draw as delicately as possible so the details are fine and noticeable. I pick up a thinner brush and dip it into a midnight blue colour and trace a fine line around the pupils so the orange and blue simultaneously show the fear in the eyes. The grey in the background has mixed with orange and dried now. All together it looks like the aftermath of a war.
I move my chair back to see the picture from afar. I feel it reach out to talk to me, telling me something is missing. I reevaluate the three colours. The unexpected clash of grey and orange shows the dark results of the war but also reflects a thin glimmer of hope. The midnight blue around the pupils speaks to me and tells me of the horrors it has witnessed. A lighter colour is missing: white. The sky should be painted white to mock the supposed ending of the war and show the naivety that still remains.
I pick up my white paint and carefully spill it at the top of the canvas. I put a piece of paper under it so there is a perfect line and so it doesn’t interfere with the other colours. I then wait five minutes for it to dry before removing the paper.
I can hear weird sounds coming from outside all of a sudden. They sound like the howls of angry wolves. I never knew we had wolves in Aleppo. It is exciting to hear them but I am scared. Why would wolves be howling like this? I run out of my room quickly and look for Yasmine.
‘Yasmine! I can hear wolves! Yasmine!’
‘Come in Adam, what’s wrong Habibi?’
‘Yasmine, can you hear the wolves outside? Come, I’ll show you!’
I lead Yasmine to the front of the house and keep my eyes on her face. Her eyes look so small. I think she is scared. I have never seen her eyes this small apart from at mama’s funeral. She must be scared or upset, but why should she be upset because of the wolves?
‘Yasmine what’s wrong?’
‘The protests have started darling, they’re coming down our street.’
‘Is this what you meant by the start of the war?’
‘Yes, the boys and I have to join the crowd Adam, you stay home with Isa.’
‘I thought you were going tomorrow? You can’t go today, it’s not time yet.’
‘I thought we would be going tomorrow too but I have to go today.’
Yasmine runs to the sitting room and calls out to Khalid and Tariq to get dressed and ready. I don’t feel too good, maybe it’s because I am scared. What if something happens to them? Things always happen in wars. There’s always blood in war paintings, all of them. What if they come home covered in blood?