RINASCITA – 27/11/2008
di Pino Blasone
Un precedente di successo nel mondo arabo e all’estero è certo il romanzo Palazzo Yacoubian di ‘Ala al-Aswani, ambientato nel centro storico del Cairo. Anche il volume di racconti Taxi di Khaled al-Khamissi è ambientato nella megalopoli egiziana; uscito in arabo nel 2007, è stato ristampato più volte in un anno. Ecco ora la traduzione eseguita da Ernesto Pagano. Titolo e sottotitolo dell’edizione italiana, Taxi. Le strade del Cairo si raccontano, ci suggeriscono però che qui si tratta non di vicende le quali si intreccino in un vecchio stabile glorioso, bensì di tante brevi storie in perenne e caotico movimento, narrate dalle voci dei tassisti all’autore. Con qualche intuibile aggiunta della sua fantasia, esse ci restituiscono un caleidoscopico mosaico.
Se la critica sociale e politica era presente sullo sfono della narrazione di Al-Aswani, ruotando intorno a un’estesa crisi di identità individuale e collettiva, nella cronaca simulata da Al-Khamissi essa emerge in primo piano. Il tema principale, messo a fuoco dallo scrittore, acquista una consistenza e un carattere differenti. In particolare, ciò che si cerca di illustrare è come un qualunquismo indotto non solo fra la borghesia, ma anche nei ceti popolari possa scadere in un atteggiamento conservatore, che nello specifico assume i connotati dell’integralismo religioso. È quanto confida un anziano tassista (al Cairo i tassì sonjo i mezzi di spostamento più agevoli e mediamente accessibili), colto in un momento di disincantata sincerità: «Abbiamo già provato tutto. provammo il re e non funzionava, provammo il socialismo con Nasser e nel pieno del socialismo ci stavano i gran pascià dell’esercito e dei servizi segreti. Poi provammo una via di mezzo e alla fine siamo arrivati al capitalismo che però ha i monopoli, il settore pubblico che scoppia, la dittatura e lo stato di emergenza. E ci hanno fatto diventare pure un poco americani e tra poco pure israeliani; e allora perché non proviamo i Fratelli Musulmani? Chi lo sa, va a finire che funzionano…» (nel racconto Pesce, latte e tamarindo).
Basti sapere che i “Fratelli Musulmani” sono in realtà un partito con ambizioni populiste, sorto in Egitto e diffusosi nel resto del mondo islamico. Non occorre conoscere a fondo la storia egiziana contemporanea, per rendersi conto che – mutatis mutandis – una mentalità del genere non difetta nemmeno tra noi, e che anzi si è andata accentuando nel vuoto politico effettivo creatosi negli ultimi tempi. È quanto ben condensato dall’espressione “La politica è sempre stata una schifezza da quando l’hanno inventata”, che troviamo riportata in un altro racconto, esplicitamente intitolato Elezioni e terrorismo. La lingua adottata da Al-Khamissi è svelta ed efficace, vicina alla colorita parlata del dialetto cairota, resa al meglio possibile dal traduttore.
Tutto ciò non vuol dire che i motivi prettamente esistenziali vi siano trascurati. Ma anch’essi risentano di un contasto di impoverimento o di miseria, che le accresciute differenze sociali fanno risaltare in modo acuto, riflettendosi addirittura in quelle ambientali architettoniche o a volte di semplice costume. È il caso di un racconto dal titolo eloquente Devastazione edilizia, o di un altro assai godibile intitolato “Niqab” e tacchi a spillo, che prende di mira il conformismo religioso del velo per le donne, divenuto ormai maggioritario. Non sorprende che il libro abbia potuto destare qualche risentimento nella società egiziana, mitigato tuttavia dal quel garbo e humour che fanno parte – a oltranza – di quell’antica tradizione e cultura.