| Il Messaggero | Venerdì 26 novembre 2010 | Azzurra Merignolo |
MAGDI SHAFEE «Vedremo sorgere altre idee, un Paese diverso»
IL CAIRO – «Nella classe politica egiziana non esiste la cultura del dibattito, quando qualcosa non piace o fa paura la censura è immediata. Il governo è come una strega, qualsiasi cosa tocca diventa goffa, pesante e impacciata», dice Magdi Shafee, autore di Metro, il primo romanzo a fumetti in lingua araba, ora tradotto in italiano dal Sirente.
Il libro, un thriller metropolitano che ha come sfondo il Cairo immerso negli scioperi e nelle manifestazioni successive alle elezioni del 2005, parla delle ingiustizie sociali di cui sono vittime la maggior parte degli egiziani, raccontando come questi cercano di superarle. «Le persone camminano per strada ipnotizzate, disperate, prive di ogni speranza e umiliate continuamente dal governo – spiega Shafee al Messaggero».
Andato a ruba appena entrato nel mercato, nel 2008 Metro è stato sequestrato dalla polizia morale per alcune immagini considerate porno. Il capo della casa editrice egiziana é finito prima in manette e poi davanti al tribunale insieme a Shafee. Nelle accuse ufficiali si legge che il libro mette in pericolo la morale nazionale, ma questa è solo parte della verità.
L’istanza di censura è partita da un avvocato del partito Nazional Democratico del presidente Hosni Mubarak, probabilmente offeso dal modo in cui era ritratto nel libro. «Anche se il regime non dovrebbe avere il potere di vietare ciò che non gli piace, questo è quello che fa continuamente. Controllando la produzione artistica, il governo finisce per influenzarne non solo la diffusione, ma anche la produzione. Nell’artista nasce una sorte di autocensura. Io ho cercato di superarla ridendoci sopra. Bisogna saper scherzare dei nostri problemi».
Più che per i corpi che metteva a nudo, Metro è stato ritirato dal commercio perché svelava la natura dispotica del regime egiziano, questione troppo imbarazzante per essere sotto gli occhi di tutti. Shafee poi è uno di quei personaggi dei quali il regime vuole liberarsi. Simpatizzante di Kifaya – movimento che dal 2005 ha organizzato numerose manifestazioni antigovernative – e blogger attivo, prima che il suo blog venisse oscurato: un connubio potenzialmente esplosivo per chi cerca di controllare capillarmente quello che avviene nel Paese.
Il silenziatore a comando con Shafee non ha funzionato, anzi il suo caso gli ha dato forza di lottare. «Dobbiamo costruire un nuovo contesto politico e culturale e questo richiede tempo, ma sono fiducioso – conclude con occhi lucidi e carichi di voglia di cambiare il Paese. Vedremo sorgere altre idee, colori e tonalità nuove: quello che ci aspetta è un Egitto diverso».