| L’Indice dei libri del mese | Maggio 2009, n. 5 | Elisabetta Bartuli |
A patto di non considerlarlo un romanzo, Taxi è un libro magnifico. Khaled al-Kamissi (giornalista, regista e produttore cinematografico) vi ha raccolto cinquantotto sbobinature fittizie di altrettanti dialoghi e monologhi con/di tassisti egiziani, raccolti tra l’aprile del 2005 e il marzo del 2006. A fare da cornice alle voci che si raccontano, alcune brevi considerazioni dell’autore stesso, infaticabile fruitore, come tutti gli egiziani, delle vecchie, scalcagnate auto bianche e nere che percorrono le vie del Cairo ventiquattrore su ventiquattro. Giovanissimi o molto anziani, istruiti o quasi analfabeti, quasi tutti con un passato di migrazione alle spalle, tutti oberati di debiti e sfruttati da qualcuno (governo, proprietario dell’auto o poliziotto di turno), i taxisti offrono uno spaccato realistico di una città che, si dice, ha ormai superato i venti milioni di abitanti. Chiunque abbia visitato Il Cairo non può non riconoscere l’inarrestabile loquela di una classe lavoratrice che non conosce orari o turni, la curiosità, la sagacia, la rabbia e, talvolta, la maleducazione, di uomini che vivono la maggior parte della loro vita dentro un’automobile e hanno come unico svago il rapporto con il cliente. Dal momento della sua pubblicazione in originale, al Cairo il libro non ha mai cessato di essere venduto e dibattuto, segno inconfutabile di un vero interesse egiziano per “quello che tutti sanno e nessuno dice”, grazie anche e soprattutto alla particolare gradevolezza di una scrittura che riporta fedelmente dialetto e accenti della lingua parlata. Operazione, quest’ultima, che non risulta appieno nella versione italiana come, del resto, in quella inglese.