IL TEMPO – Domenica 11 gennaio 2009
di Antonella Melilli
Quella di osservare le strade di una metropoli immensa e rutilante come il Cairo attraverso l’abitacolo di un taxi, che per il suo bassissimo costo costituisce il mezzo di trasporto di gran lunga più usato per le strade della città egiziana, è sicuramente un’idea accattivante e originale. Anche se non totalmente scevra dal rischio di approdare a una narrazione di bozzettistica superficialità. Ma Khaled Al Kamissi, giornalista, regista e produttore, autore di questo «Taxi» (Editore Il Sirente. pagg. 192) riesce brillantemente ad aggirare l’ostacolo, finendo per restituire attraverso le 58 brevi storie qui raccolte un ritratto variegato e il senso più profondo di un mondo arabo per noi occidentali assai difficile da comprendere. Storie vere, del resto, che attraverso i dialoghi coi conducenti di taxi, spinti dalla disperazione della fame e del bisogno a rovinarsi nervi e salute per un guadagno, spesso illusorio, di pura sopravvivenza, stigmatizzano situazioni drammatiche e complesse di corruzione dilagante, di guerre infinite e di arroganti ingerenze straniere. Facendone affiorare insieme l’impossibilità di esprimersi del mondo femminile, l’acquiescenza di chi confida nel Corano o l’indignazione di chi lucidamente vede i guasti del paese e le responsabilità dello Stato. E soprattutto storie di gradevole e agile lettura che si snodano sul filo di una scrittura innovativamente intrecciata di arabo coranico e di dialetto popolare. Decretando il successo di un piccolo libro che, autentico caso letterario in Egitto, è stato prontamente tradotto in Inghilterra e in Francia e giunge ora in Italia ad avviare la collana Altriarabi con cui la Casa Editrice Il Sirente punta l’attenzione sugli aspetti più nuovi e interessanti delle culture che si affacciano sull’altra sponda del Mediterraneo. Avvalendosi per la traduzione del contributo di Angelo Pagano, che attinge agli accenti del nostro Meridione per restituire, sul filo di una quasi naturale empatia, la spontaneità umorale di un’espressività popolaresca e quotidiana.