Una storia che lascia il segno
Pino Cacucci
Il male fa paura forse perché le sue ripercussioni sono così sferzanti da risultare tragiche, forse perché le sue origini sono così banali da rendere tutto assurdo. Queste sono le riflessioni che vengono spontanee dopo aver letto il breve, ma intenso e forte, La vacca è morta di Alessandro Bosi, Edizioni Il Sirente. In esso, l’autore narra le vicende connesse al rapimento De André – Ghezzi, avvenuto il 27 agosto del 1979, indagando quali siano state le conseguenze di esso per gli ignari familiari di uno dei sequestratori e, in specifico, per Lucia, la figlia, bambina all’epoca dei fatti, poi donna quarantenne alla fine del volume, che si è trovata inconsapevolmente travolta dalla vicenda. Lo stile del Bosi è affascinante, tanto è semplice e crudo: le scelte semantiche sono esatte e accurate, il ritmo è incalzante, l’alternarsi di narrazione e ricordi delle persone che furono testimoni ignari di quei giorni rende questo breve volume quasi ipnotico. A completamento le bellissime illustrazioni di Stefano Delli Veneri che impreziosiscono il volume e aumentano il pathos del racconto e che avrebbero dovuto costituire una graphic novel rimasta incompiuta a causa dell’inaspettata scomparsa dell’artista. Nella prefazione di Pino Cacucci si legge che La vacca è morta è una “storia che lascia il segno. Qui c’è carne viva…” (p. X) e non si può che essere d’accordo.