GOLEM XIV di Stanisław Lem
Letture Metropolitane (Libero Iaquinto, maggio 2018)
GOLEM XIV
Lem non esiste. È un’invenzione dell’Unione Sovietica, uno pseudonimo di una commissione di comunisti che vuole traviare le menti degli americani. Questo è quanto affermava Philip K. Dick, uno dei maggiori scrittori di fantascienza del XX secolo. Ma anche i grandi possono prendere una cantonata ogni tanto. Caro il mio Pippo Dick, Lem esiste eccome. O meglio, esisteva. È passato purtroppo a miglior vita nel 2006. E allora perché, mi chiederete, dovrei recensire un testo di chi non c’è più e per giunta pubblicato già nel 1981? Semplicemente perché è edito per la prima volta in Italia, con la traduzione a cura di Lorenzo Pompeo.
“Golem XIV” è un saggio, o un romanzo breve, oppure un esperimento meta-narrativo. Trovo difficoltà perfino a definirlo. L’opera raccoglie due ipotetiche conferenze del Golem XIV, ultimo prototipo di un elaboratore super intelligente creato per fini bellici, che, disinteressatosi alle strategie di guerra, sviluppa una propria intelligenza. La prima conferenza riguarda il destino dell’uomo, condannato alla sua limitatezza e alla morte; nella seconda il Golem parla di se stesso, manifestazione dell’Intelligenza.
Le conferenze fittizie sono un resoconto dell’Evoluzione della specie. Il Golem, dall’alto della sua fredda lucidità informatica, relega l’evoluzione al ruolo di semplice conservazione del codice genetico all’interno di organismi che saranno destinati a scomparire, tutto ciò per permettere ad altri organismi di tentare una mutazione; una prospettiva desolante, insomma. Nessuna Intelligenza, secondo il Golem, è alla base della vita. L’uomo è diventato la specie più evoluta per combinazione, per la legge dei grandi numeri. L’uomo descritto da Lem è un essere inconsapevole della sua origine e del suo destino. Il Golem mina ogni certezza e ogni teoria scientifica.
VOTO 10 FERMATE: Naturalmente impiegherete poco tempo per leggere l’opera di Lem, ma resterete in metro in silenzio, per altre trenta o quaranta fermate, a rimuginare su ciò che avete letto. La prosa di Lem è a tratti oscura, sia per il tema trattato, sia per l’inserimento di termini scientifici che potranno risultare di difficile comprensione. Il tono è da conferenza, tenendo conto che è una conferenza in cui è un computer a parlare; gli interventi del pubblico non sono incisivi e mostrano uomini che difficilmente riusciranno ad oltrepassare le loro convinzioni scientifiche. Un bel modo per ricordare uno dei maggiori scrittori di fantascienza del secolo passato.
CITAZIONE: “Il mondo, secondo questa visione, è come un mobile che ha un numero di cassetti variabile, così come il loro contenuto, che varia in funzione dell’insieme delle chiavi con le quali lo si attacca. Usando un filo di ferro piegato a volte si può forzare un cassettino, ma sarà piccolo e lì non troverete quello che avreste scoperto usando la chiave giusta. Così accade con le invenzioni che non hanno la teoria.”