| Osservatorio Iraq | Mercoledì 26 ottobre 2011 | Angela Zurzolo |
Messaggi sessisti lanciati dai cantanti pop libanesi nei loro testi e nei loro videoclip, donne che non possono dare la nazionalità ai loro figli, ma anche strade dissestate, niente corrente, internet lento e pregiudizi sulle ventunenni non ancora convolate a nozze. Il Libano moderno, e Maya Zankoul in particolare, stanno affrontando una guerra dal carattere molto diverso da quelle a cui siamo abituati.
Osservatorio Iraq ha intervistato Maya Zankoul, ieri, al Caffè Letterario di Roma, durante un incontro organizzato dall’associazione Arabismo e dalle Biblioteche comunali di Roma. Vi presentiamo l’autrice del blog illustrato dal quale sono stati tratti tre libri, l’ultimo dei quali ‘Amalgam’, appena tradotto in Italia dalla casa editrice il Sirente.
Il suo profilo e i suoi occhi tradiscono le sue origini, ma Maya Zankoul si mimetizza bene tra le ragazze italiane. Stesso stile, stesso modo di muoversi in un caffè e socializzare. E un nome, Maya, che in Libano non rivela alcun dettaglio sul suo credo religioso.
Questa graphic designer di ventiquattro anni, già autrice di tre libri, l’ultimo dei quali Amalgam (appena tradotto in Italia da Chiarastella Campanelli, per la casa editrice il Sirente), nasce come blogger.
“Mi sono sentita poco d’aiuto di fronte a tutto ciò che non andava per il verso giusto nel mio paese ma, adesso, tutte quelle cose che prima mi davano fastidio, mi urtano di meno perchè sto già facendo qualcosa per combatterle: mi sto esprimendo e rivolgendo al mondo. Il primo passo per il cambiamento, secondo me, è parlare, diventare attivisti, sollevando istanze politiche e sociali delle quali prima la gente non parlava, perchè nella vita quotidiana erano ormai diventate normalità, cose all’ordine del giorno. Adesso, sento la responsabilità di provare ad effettuare un cambiamento”, ci racconta Maya.
E lo fa in una maniera davvero originale, senza mai cedere a facili drammatismi, ma sempre e solo usando l’ironia come mezzo per denunciare ed entrare nella coscienza degli individui attraverso ciò che sta sotto i loro occhi ogni giorno.
“In realtà, la satira è un modo di rispondere agli eventi drammatici. Mi servo di uno stile comico per introdurre questi eventi e farli accettare”.
Sulla questione siriana, alle porte dei confini territoriali con la sua terra, ci dice: “E’ molto triste e spezza il cuore ciò che sta accadendo lì. ogni giorno giunge la notizia di gente che sta morendo in un modo veramente violento. E’ inaccettabile. E’ molto triste che sia così vicino, ma che cosa possiamo fare?”.
Poi, ci spiega cosa significhi essere una ragazza libanese in un mondo arabo in rivolta: “In Libano, non è come negli altri paesi della primavera araba. Noi abbiamo molta più libertà degli altri paesi ma la battaglia di una ragazza nel mio paese è principalmente sociale, perchè le donne non hanno tutti i loro diritti, quindi c’è molto per cui combattere. C’è molto da fare per migliorare le infrastrutture e il sistema economico. Così, può essere una battaglia ma può essere anche molto divertente, perchè la vita in Libano è ricca, ci sono molte cose da fare, ci sono molte attività, la gente è molto attiva”.
Maya dà voce ad un Libano che lo scenario internazionale sembra ancora non riconoscere ed interpretare “come se fosse ancora in guerra. Ma la guerra è finita e il Libano ne sta ora pagando le conseguenze, affrontando però problemi quotidiani. Ogni giorno l’elettricità viene tagliata, internet è lento. Ma stiamo attraversando un periodo di relativa calma”.
La protagonista del libro di Maya Zankoul è emblematica. Dal carattere autobiografico, la graphic novel si presenta come una raccolta di episodi realmente accaduti nella vita quotidiana dell’autrice.
Una vignetta presente sul suo blog, racconta di un suo viaggio insieme alle amiche verso Ceddars. In macchina, l’autista, un vero ‘fighetto’, canta una canzone che rivela particolarmente cosa significhi vivere in una società sessita, nella quale il pregiudizio verso il clichè della donna-madre e casalinga, è accettato e riconosciuto socialmente da molti.
“E’ un episodio accaduto la scorsa estate. C’è una canzone davvero sessista ma davvero popolare in Libano. Tantissime persone la adorano. Il cantante si chiama Hammad Askandar, un artista che si diverte molto a catturare l’attenzione del pubblico scrivendo canzoni sempre più folli. E’ davvero triste perchè esprime il concetto che se un altro ragazzo mi dovesse guardare, lui punterebbe una pistola alla sua testa e gli sparerebbe su due piedi. Inoltre, afferma che la sua donna non dovrebbe rispondere al cellulare se non in sua presenza. Molto ‘macho’, ma davvero inaccettabile! E la gente ama questa canzone! In un’altra canzone, il videoclip è un disastro. Lui è con sua figlia e quest’ultima vuole lavorare, ha finito l’università e cerca lavoro. Tutta la canzone è centrata sul fatto che lei non dovrebbe lavorare: Resta a casa e sii il presidente del mio cuore”.
Nel video si vede un direttore nell’ufficio che molesta sessualmente la ragazza e intanto il cantante ammonisce la ragazza, per persuaderla che “il direttore vedrà quanto sei bella e ti tormenterà”. Inoltre, aggiunge: se lavori, dovrai lasciare tuo figlio con la domestica dello Sri Lanka che è violenta e i bambini, soli con lei, piangono.
“Una realtà totalmente capovolta, quest’ultima, dal momento che in Libano le lavoratrici domestiche sono praticamente ridotte a subire uno stato di ‘servitù’ e contemporaneamente di schiavitù, che preoccupa e inorridisce quanto più aumentano i casi di violenza sessuale dei padroni sulle domestiche e i casi di suicidio tra le lavoratrici che molto spesso provengono da Sri Lanka o Filippine.
I problemi relativi ai diritti delle donne in Libano, poi, sono anche altri. “C’è molto da fare. Le donne libanesi non possono dare la nazionalità ai loro figli, e ciò è profondamene ingiusto”. Il sistema sociale libanese, infatti, ha base patriarcale e riconosce piena cittadinanza solo ai maschi. Quest’anno, la pubblica accusa e una commissione giuridica presso il ministero della Giustizia hanno contestato una decisione pronunciata a giugno da tre giudici, che consentiva a Samira Soueidan di trasmettere la propria cittadinanza libanese a tre dei suoi figli.
A complicare la vita delle donne, anche il pregiudizio sociale: “In Libano, prima dei 21 anni nessun genitore ti parla di ragazzi. Dopo i 21 anni, vogliono che tu ti sposi. Così! Cambiano improvvisamene subito! Dopo il mio successo con il blog, mia nonna mi ha chiesto: Hai delle buone notizie per me? e io ho risposto: Ho un libro, un blog e sta andando tutto davvero bene”.
E infatti il suo libro è nella ‘top five’ dei più letti…: “Lei ha risposto: Voglio che tu ti sposi! Questa è la sola buona notizia per me!”.
Maya continua invece a puntare sul suo talento da graphic designer: se all’inizio trovava i suoi studi noiosi ed asettici, poi il suo talento ha saputo trovare un modo per trasformarsi in qualcosa che la entusiasmava, con il suo blog e il suo ‘Zankoulizer’, uno Zankoulizzatore, l’applicazione attraverso la quale chiunque può creare un suo personale avatar, un suo personale personaggio, servendosi dello stile grafico dell’artista.
Maya ci spiega che le sue opere “Non sono fumetti, perchè, sai, i fumetti tradizionali hanno delle strisce e dei box per le storie. Nei miei disegni non ci sono nuvolette. Il testo è libero. Sono storie illustrate”.
Il lavoro di Maya si è concentrato negli anni passati anche sugli aspetti politici del paese, in particolare raccontando le elezioni, attraverso il suo humour dissacrante. Se le si chiede però se il suo lavoro può avvicinarsi per alcuni aspetti anche al graphic journalism, risponde: “Le mie sono storie vere ma non so. Forse tu lo puoi chiamare graphic journalism. Per ora, io sto solo divertendomi. Sono cresciuta con i cartoni animati e mi sono sentita molto influenzata da alcuni corti. Tra i miei progetti futuri, quello di trasformare i miei protagonisti in cartoni animati”.