| Noidonne | Martedì 27 dicembre 2011 | Barbara Antonelli |
Maya Zankoul sfoga nel blog le frustrazioni di giovane libanese. Oggi le sue vignette sarcastiche sono diventate un fumetto che racconta un mondo di contrasti sociali, maschilismo e corruzione
“Se ho un problema, ne faccio una vignetta. E mi sento meglio”. È iniziato quasi per gioco il blog di Maya Zankoul, ventitreenne libanese, illustratrice e designer originaria di Beirut, per diventare poi uno dei blog più seguiti del mondo arabo. Da quel sarcasmo e quello humour, armi affilate contro il maschilismo e il sistema patriarcale, la corruzione e le ingiustizie sociali proprie della società libanese, è nato un fumetto, una graphic novel in due volumi, Amalgam, tradotto ed edito in Italia da il Sirente.
A vederla così, in jeans e maglietta, e occhi da gatta disegnati da brava libanese con l’eyeliner nero, seduta in un caffè-libreria del quartiere romano del Pigneto, a sentirla raccontare le sue vignette divertenti e autobiografiche, Maya appare una giovane donna che potrebbe collocarsi in qualsiasi parte del mondo. “Sono una vittima del sistema ogni singolo giorno” si legge sul suo blog; “disegnare – ci spiega – è diventato un modo per dissipare le tensioni della routine quotidiana, o semplicemente per raccontare in modo ultrarapido spaccati del mio vissuto”. Il blog è stato per Maya “una stanza tutta per sé”, ovvero il suo pianeta sul quale scrivere tre volte a settimana per “disegnare liberamente e dare sfogo alle frustrazioni”. Una conferma delle grandi potenzialità offerte alle donne dal web, rendendole protagoniste di una piazza virtuale, laddove lo spazio pubblico è spesso occupato solo ed esclusivamente da uomini. “Il web – spiega Maya – riesce a far passare contenuti e punti di vista “liberamente” e costituisce una finestra aperta sul mondo”.
A vederla così, in jeans e maglietta, e occhi da gatta disegnati da brava libanese con l’eyeliner nero, seduta in un caffè-libreria del quartiere romano del Pigneto, a sentirla raccontare le sue vignette divertenti e autobiografiche, Maya appare una giovane donna che potrebbe collocarsi in qualsiasi parte del mondo. “Sono una vittima del sistema ogni singolo giorno” si legge sul suo blog; “disegnare – ci spiega – è diventato un modo per dissipare le tensioni della routine quotidiana, o semplicemente per raccontare in modo ultrarapido spaccati del mio vissuto”. Il blog è stato per Maya “una stanza tutta per sé”, ovvero il suo pianeta sul quale scrivere tre volte a settimana per “disegnare liberamente e dare sfogo alle frustrazioni”. Una conferma delle grandi potenzialità offerte alle donne dal web, rendendole protagoniste di una piazza virtuale, laddove lo spazio pubblico è spesso occupato solo ed esclusivamente da uomini. “Il web – spiega Maya – riesce a far passare contenuti e punti di vista “liberamente” e costituisce una finestra aperta sul mondo”.
È per questo che pur essendo francofona e parlando anche arabo, hai scelto la lingua inglese per esprimerti sul tuo blog?
“Sì, é una lingua molto utilizzata in Libano, anche tra gli internazionali, e inoltre volevo raggiungere un pubblico più vasto”.
Maya disegna da quando aveva 5 anni. È cresciuta a Jeddah, in Arabia Saudita e quando è tornata in Libano nel 2005, poco prima dell’assassinio del premier Rafiq Hariri, ha visto come le giovani generazioni libanesi di oggi sono costrette a fare i conti, loro malgrado, con le conseguenze di anni di guerra civile, pur non avendola vissuta sulla loro pelle. Così sono nate le sue vignette colorate e sarcastiche, che parlano della “disorganizzazione del sistema, delle gravi ingiustizie sociali, dei disservizi, ma anche del traffico estenuante di Beirut e dell’impossibilità di avere corrente elettrica per 24 ore di seguito, tanto da dover ricorrere a generatori”. La corruzione dominante nei processi di ricostruzione della capitale libanese è una delle questioni centrali perché in un paese di 4 milioni, dove apparentemente “convivono” 18 confessioni religiose, la diversità delle componenti è senza dubbio fonte di ricchezza culturale ma anche di difficoltà sul piano politico, di tensioni religiose e di gravi carenze dal punto di vista dello sviluppo sociale. “Ma il senso di frustrazione per me che venivo dalla vita blindata di adolescente in Arabia, limitata al compound dove vivevamo e alla scuola francese che ho frequentato, è stato anche scoprire sulla mia pelle i tratti distintivi della società di questo paese, l’ostentazione e l’apparenza (i suoi personaggi sono senza naso, una critica sarcastica all’elevato numero di interventi di chirurgia plastica a cui si sottopongono le donne libanesi, ndr), il maschilismo, una struttura patriarcale. E difficoltà di genere come l’elevato numero di casi di violenza domestica, il fatto che ci sia poca protezione per le donne e che alle donne non sia riconosciuto per esempio il diritto di trasmettere la nazionalità ai propri figli”.
Da dove è nata l’idea del fumetto?
“Sono stati i miei amici a farmi un regalo di compleanno e a stampare tutte le vignette del mio blog, facendone una specie di libro. Da lì è nata l’idea. Ma è stata dura trovare un editore. Mi dicevano che nessuno lo avrebbe comprato”. Così Maya ha deciso di sfidare il sistema, anche quello dell’editoria, di chi gli aveva assicurato che un libro a fumetti in Libano non avrebbe avuto alcun successo “perché il fumetto è per bambini”. È diventata imprenditrice di se stessa, ha autoprodotto il primo volume in 1000 copie, diffondendolo in conto vendita. È arrivato al quinto posto per vendita nelle classifiche del Virgin Megastore di Beirut.
Oltre all’ironia caustica e all’arte grafica, certo non le manca la creatività. Sul suo blog c’è addirittura la possibilità di scaricare degli sticker da usare come biglietto per parcheggiare (sul blog abbondano le vignette su quanto sia difficile trovare parcheggio a Beirut) e un programma, lo “Zankoulizer” per creare il proprio avatar con i tratti distintivi dei personaggi di Maya.
“Sono stati i miei amici a farmi un regalo di compleanno e a stampare tutte le vignette del mio blog, facendone una specie di libro. Da lì è nata l’idea. Ma è stata dura trovare un editore. Mi dicevano che nessuno lo avrebbe comprato”. Così Maya ha deciso di sfidare il sistema, anche quello dell’editoria, di chi gli aveva assicurato che un libro a fumetti in Libano non avrebbe avuto alcun successo “perché il fumetto è per bambini”. È diventata imprenditrice di se stessa, ha autoprodotto il primo volume in 1000 copie, diffondendolo in conto vendita. È arrivato al quinto posto per vendita nelle classifiche del Virgin Megastore di Beirut.
Oltre all’ironia caustica e all’arte grafica, certo non le manca la creatività. Sul suo blog c’è addirittura la possibilità di scaricare degli sticker da usare come biglietto per parcheggiare (sul blog abbondano le vignette su quanto sia difficile trovare parcheggio a Beirut) e un programma, lo “Zankoulizer” per creare il proprio avatar con i tratti distintivi dei personaggi di Maya.
Nella raccolta di episodi di Amalgam ce n’è uno a cui sei particolarmente affezionata?
“Ce ne sono diversi, ma uno che mi è molto caro e che è anche un episodio di vita vissuta è quello in cui racconto di quando mia nonna mi ha chiesto, ‘hai delle buone notizie per me?’ Le ho risposto che avevo appena scritto un libro, che facevo mostre e presentazioni, come illustratrice e graphic designer. La sua risposta? ‘Voglio che tu ti sposi! Questa è l’unica bella notizia che puoi darmi!’”