| Vogue | Mercoledì 16 febbraio 2011 | Chiara Costa |
Nel 2008 Magdy El Shafee, blogger e fumettista del Cairo, pubblica Metro, prima graphic novel araba. A pochi mesi dall’uscita viene censurata dal governo a causa delle “scene di sesso e del linguaggio volgare”, ma in realtà il problema è che le tavole sono piene di critiche non molto velate al regime di Mubarak: tutte le copie vengono ritirate e distrutte e autore ed editore condannati a pagare una multa. La casa editrice il Sirente ha di recente pubblicato la versione italiana del fumetto, in un momento della storia egiziana in cui questo romanzo illustrato ha il sapore di un’amara previsione.
Metro, che utilizza l’omonimo font (creato nel 1927 negli USA) e si legge a partire dal fondo e da destra a sinistra come nella versione araba, non è suddiviso in capitoli: le tappe narrative sono proprio le fermate della metro, intitolate ai più influenti personaggi politici egiziani. Alla stazione Mubarak il commento è “La popolazione egiziana sta crescendo, ma io che posso farci?”, una frase che il presidente egiziano ha più volte pronunciato nei suoi discorsi.
La penna di El Shafee disegna con tratto deciso una società malata e corrotta. La metropolitana in bianco e nero del Cairo è un tunnel da cui è difficile uscire, un luogo dove la speranza sembra ormai scomparsa e realizzare i propri sogni diventa un’impresa impossibile. In questo thriller, che è anche storia d’amore e romanzo politico urbano, il giovane ingegnere e progettatore di software Shihab non riesce a dar voce al suo talento e si ritrova pieno di debiti; decide così di progettare una rapina con l’amico Mustafà, che però lo tradisce e scappa con la refurtiva.
Lo consola la giornalista pasionaria Dina, che lo introduce alla protesta delle piazze contro il governo che ha affamato il paese. Lo stesso governo il cui presidente si è dimesso in queste ore per via delle manifestazioni. Lo stesso governo che non si è mai mosso contro autori di romanzi di denuncia come Alaa Al Aswani e Khaled Al Khamissi, a dimostrazione del fatto che questo genere letterario parla alla gente in modo diretto attraverso immagini il cui impatto visivo è dirompente, creando uno squarcio di democrazia in un regime le cui crepe sono ormai voragini prima del crollo.
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