L’INTERVISTA Ayman al-Zurqany – Il disegnatore in Italia per presentare un libro messo all’indice
Quando lo scrittore e blogger egiziano Ahmed Nàgi ha scritto “Vita: istruzioni per l’uso” non poteva immaginare quanto gli avrebbe condizionato la vita. L’ha scritto prima delle rivolte del 2011 con la speranza di vedere migliorare la condizione dei giovani del Cairo, ma la sua schiettezza e il suo talento narrativo sono stati ripagati con una condanna del Tribunale di Bulaq a due anni di carcere per “offesa alla pubblica morale” per i riferimenti espliciti a droga, sesso e alcool.
Insignito del Premio Barbey Freedom to Write da Pen International e ora pubblicato in Italia da il Sirente (traduzione dall’arabo di Elisabetta Rossi e Fernanda Fischione), il romanzo è arricchito dalle illustrazioni del disegnatore Ayman al Zorqani venuto in Italia a presentare il libro in assenza dello scrittore.
Ayman, come sta Ahmed Nàgi?
Non posso andare a trovarlo. Possono entrare in carcere solo i parenti più stretti e gli avvocati. Ci scriviamo lettere e riesco a vederlo durante i processi, da lontano. Fisicamente non sta male, ma psicologicamente sì. I carcerieri non gli consegnano i libri. Non vogliono dargli speranza.
Perché è stato arrestato?
E’ la prima volta che in Egitto uno scrittore viene arrestato per un suo testo. Un cittadino lo ha denunciato dopo aver letto sul periodico letterario Akbar el Adab un estratto del romanzo uscito due anni fa, sostenendo che il testo gli aveva dato “un estremo senso di malessere”, divenuto malessere di Stato montato da un funzionario di polizia che probabilmente voleva sfruttare la situazione. E così ha ingrandito la vicenda. Ma al fondo della vicenda c’è un meccanismo innescatosi con l’arrivo di Al Sisi che ha causato anche la morte di Giulio Regeni.
Ovvero?
Con Mubarak nessun piccolo funzionario avrebbe mai potuto prendere una tale iniziativa. Si aspettava sempre un suo ordine. Con Al Sisi, invece, si è avviato un nuovo fenomeno che è quello delle iniziative dal basso, come è accaduto con la denuncia di Nàgi. Ai tempi di Mubarak nessuno straniero sarebbe stato ucciso e nessuno scrittore arrestato senza il suo volere.
Quali sono le novità sul caso Regeni?
La versione che viene raccontata è che una spia del regime aveva chiesto allo studente di aiutarlo ad avere un passaporto per l’Italia, ma in seguito a divergenze l’informatore avrebbe accusato Regeni di essere una spia e lo avrebbe denunciato a poliziotti di basso rango che, di loro iniziativa, lo avrebbero torturato a morte.
Che clima c’è in Egitto?
Di grande paura. Anche chi non ha fatto nulla ed è allineato ai costumi tradizionali e conservatori cairoti, quando incontra per strada un poliziotto teme gli possa accadere qualcosa.
E gli artisti come vivono?
Nel constante contrasto fra il desiderio di esprimerci e la voglia di dedicare tempo alla nostra arte e il bisogno di opporci alla visione conservatrice. Con Mubarak c’era una libertà di espressione di facciata e dei limiti precisi da non superare, quindi molta autocensura. In “Vita: istruzioni per l’uso” Nàgi mostra le varie città contenute nel Cairo, quella di superficie e quelle sotterranee, la distruzione della metropoli e il vuoto che ne rimane. Ma né io, né lui abbiamo mai avuto l’intenzione di dire come deve essere la Cairo del futuro.
Il Fatto Quotidiano 12/10/2016