INTERNAZIONALE – 5/11 settembre 2008 – n. 760
di Patrice Claude
I suoi racconti sui tassisti del Cairo sono un pretesto per parlare della povertà nella società egiziana.
Alcuni dicono che Khaled Al Khamissi si è autocensurato. Gli ottantamila tassisti del Cairo sono più volgari di come li descrive: adorano parlare di sesso, droga, soldi e degli imbrogli che fanno.
Al Khamissi nega. E nell’introduzione precisa: Taxi (Dar el Shorouk 2007) raccolgie 58 storie tragiche. Storie che ha sentito nel corso dei suoi spostamenti quotidiani nella metropoli
Anche se questo libro è vivamente consigliato ai milioni di stranieri che vengono ogni estate ad abbronzarsi al sole egiziano, Taxi non è un vademecum per turisti in cerca di buoni consigli. Anzi, dopo aver letto queste 220 pagine scritte “in dieci giorni” è probabile che il turista si senta in colpa per aver trattato sul prezzo chiesto dal tassista. Dopo la lettura di Taxi il visitatore avrò imparato molte cose sulla vita quotidiana degli egiziani, sulle loro frustrazioni, sulle loro piccole e grandi miserie, sul disprezzo quasi generale delle istituzioni e, soprattutto, sulla loro mancanza di prospettive.
Nella società egiziana, incatenata da un’efficiente censura di stato, il taxi è diventato uno degli ultimi spazi di discussione più o meno libri. I tassisti sono vere e proprie bestie da soma, capaci di lavorare fino a 18 ore al giorno al volante dei loro ferrivecchi, nell’inquinamento soffocante del Cairo, nel caldo afoso dell’estate, nell’assordante frastuono quotidiano. Tra loro ci sono sognatori, fanatici, misogini, maniaci sessuali, mistici, attori, professori, universitari disoccupati, speculatori rovinati, immigrati, filosofi senza diploma, sociologi ignoranti, bugiardi patentati e truffatori. Nel libro sono tutti presenti. Ma Taxi non è un libro sui taxi. “Non ho fatto un lavoro da giornalista, ma da scrittore”, spiega Al Khamissi. Proprio perché la loro occupazione “non è più un mestiere, ma solo un modo per sbarcare il lunario, i miei tassisti sono diventati il pretesto per dire delle cose sulle classi povere dell’Egitto”.
Brezza rinfrescante
Secondo Galal Amin, economista e sociologo dell’università americana del Cairo, Taxi è “un lavoro innovativo, che descrive un quadro estremamente veritiero della societò egiziana di oggi”. Di recente un giornale statunitense lo ha paragonato a “una brezza rinfrescante in una giornata molto calda”. Baheyya, autore di un blog anonimo ma molto seguito dagli egiziani più ricchi che possono permettersi un computer, lo considera “una cronaca toccante della lotta titanica per la sopravvivenza” in Egitto.
In effetti quando si finisce di leggere questo libro si capiscono molte cose sull’Egitto contemporaneo.È un miracolo della buona letteratura: 58 scenette tratte dal magma umano del Cairo sono più istruttive di interminabili conferenze o di intere biblioteche di sociologia, antropologia ed etnologia.
La magia di Taxi in questa atmosfera leggera ma al tempo stesso molto reale. In un paese alfabetizzato in teoria al 70 per cento ma dove un best seller non vende più di cinquemila copie, Dar el Shorouk, il fortunato editore egiziano di Al Khamissi, ha già venduto in un anno e mezzo 75mila cioue della versione in arabo. E il libro continua a vendere.
Nel suo saggio intitolato “perché il mondo arabo non è libero”, il più autorevole psicoanalista egiziano, Mustafà Safuan, scrive che una delle ragioni del divario tra i popoli arabi e le loro élite intellettuali è che queste ultime non sono disposte a scrivere nella lingua popolare della strada e quasi sempre preferiscono l’arabo classico, inaccessibile alle masse.
Al Khamissi proviene da una famiglia ricca e famosa: suo padre, Abel Rahman Al Khamissi, era un noto poeta, sua madre una celebre attrice, i suoi zii, fratellastri e sorelle lavoravano nel mondo dell’editoria e del giornalismo. Ma Khaled Al Khamissi, conferenziere, sceneggiatore, regista, produttore di film e documentari, ha saputo evitare i difetti degli intellettuali. I suoi taxi parlano come nella vita reale. Questo ex studente di 45 anni è tornato in patria dopo aver ottenuto un dottorato in scienze politiche negli anni ottanta alla Sorbona di Parigi.
La versione inglese del libro non riesce a rendere bene il linguaggio crudo usato nelle strade del Cairo. E probabilmente anche le traduzioni in corso in tedesco, olandese, italiano, greco e sloveno incontreranno le stesse difficoltà. Ma il punto fondamentale non è questo. La cosa più importante per l’autore, che ha già cominciato il suo terzo romanzo (il secondo uscirà a novembre), è parlare delle realtà che agitano il paese.
Laico tollerante e di ispirazione socialista, Al Khamissi ne è certo: “La rivolta è inevitabile, i più poveri non ce la fanno più”.