Descrizione
Nell’antichità, la guerra è stata il tipo di rapporto prevalente che i vari popoli hanno avuto fra loro. Dato il suo carattere cruento, si capisce che sia stato al centro dell’attenzione dei governanti e dei pensatori. Non stupisce quindi che, agli albori del diritto internazionale, ma anche prima, nel pensiero dei filosofi e dei teologi, il tema dominante sia stato quello. Ma chiunque si fosse occupato di guerra non poteva ignorare l’esistenza di un complesso di regole riguardanti il tempo di pace, la cui violazione dava sostanza e significato alla stessa teoria del bellum iustum. Questa esigenza emergerà esplicitamente in Grozio, la cui opera, non a caso, reca il titolo De iure belli ac pacis (1625), ancorché la sua analisi, seguendo una fuorviante ispirazione universalistica, indugi a volte su aspetti che riguardano la convivenza degli individui, sviluppando temi che hanno ben poco a che fare col diritto internazionale.
Gentili ha, più modestamente, limitato la sua ricerca al diritto di guerra – come si ricava dal titolo: De iure belli libri tres (1588-89) –, pur essendo consapevole, come egli stesso lascia intendere a conclusione del suo trattato, dell’esigenza di più ampi approfondimenti e sviluppi, per i quali rimanda ad altre sue opere, come De legationibus libri tres (1585), e De armis romanis libri duo (1599). A queste va peraltro aggiunta Hispanicae Advocationis libri duo, apparsa postuma (1613).
Con il presente volume si è inteso percorrere tale strada, tentando di rintracciare nei recessi dell’opera gentiliana, secondo una metodologia che lo stesso autore descrive nelle prime frasi del De iure belli, gli elementi utili a una costruzione sistematica del diritto internazionale di pace, sullo sfondo di una comunità di Stati che, pur fortemente permeata dei valori cristiani, tende ad allargarsi oltre i confini della respublica gentium christianarum, abbracciando l’intero consorzio umano.
. Giorgio Badiali già Professore ordinario di Diritto internazionale nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Perugia, della quale è stato altresì Preside.