Descrizione
Si discute di fine dell’umanesimo e dominio della tecnica. Ma invertire la tendenza verso l’autodistruzione a cui l’umanità si sta avviando con il ritorno dei conflitti e i mutamenti climatici è possibile perseguendo la “terza cultura”, connubio tra cultura umanistica e cultura scientifica.
Anna Curir, ricercatrice universitaria e astronoma dell’Istituto Nazionale di Astrofisica e membro del Linacre College di Oxford, autrice de “I processi psicologici della scoperta scientifica. L’armoniosa complessità del mondo” (2012), e del recente “From science-fiction to science. The role of fantasy in the development of science” (2015), partendo dal dibattito in corso sul dissidio tra cultura umanistica e cultura scientifica, analizza con il suo ultimo libro le condizioni che rendono questi due saperi complementari e indispensabili per ritrovare un’armonia che sembra oggi in crisi. Il testo parte dal problema posto da C.P. Snow nel suo pamphlet “Le due culture e la rivoluzione scientifica” (1959) in cui veniva denunciata la distanza tra le due culture a partire dalla rivoluzione industriale. La Curir inizia la sua analisi mettendo in discussione l’oggettività della nozione di “fatto” scientifico, per poi esaminare la reciproca influenza tra l’immagine della natura e l’immagine interna dell’uomo: un’osmosi oggi riconosciuta specialmente dagli intellettuali della “terza cultura”. Si giunge alla questione posta dal biologo Ernst Mayr, secondo cui la mutazione genetica che ha portato l’uomo all’intelligenza si rivela oggi una mutazione letale: l’intelligenza stessa è alla radice dell’autodistruzione. Lo psicologo Wilfred Bion, a cui l’autrice si richiama, sostiene invece che il pensiero umano sia la forma più alta dell’istinto di autoconservazione. Emerge dunque un paradosso, per risolvere il quale si risale all’evoluzione mentale umana dall’infanzia allo strutturarsi della personalità, mettendo in evidenza come il desiderio di condividere le esperienze e l’istinto di imitazione, che è alla base del riconoscimento dell’altro, contraddistinguano lo sviluppo della mente umana.
La Curir si richiama anche al noto saggio di Norberto Bobbio sulla virtù della mitezza, e stabilisce una connessione tra le qualità del mite e quelle dell’uomo auspicato da Socrate come ricercatore della verità. La mitezza ha connotati empatici che portano a considerare l’interferenza suggerita dal neurologo Simon Baron Cohen tra capacità di empatizzare e di sistematizzare, due competenze considerate anticorrelate, e questa trattazione contribuisce all’originalità del pensiero della Curir in questo libro. Alla base della possibilità di una terza cultura – sostiene l’autrice – c’è il possibile recupero e armonizzazione di queste due competenze, così da permettere all’uomo di uscire dal dominio della Tecnica, che è riconosciuto da numerosi filosofi, tra i quali Anders e Galimberti, come la cifra dell’età moderna. La terza cultura potrebbe in questo modo divenire la base di una nuova società nella quale l’intelligenza, da ‘mutazione letale’ viene trasformata in un successo biologico.