Jean Éthier Blais
Edizione del 13 novembre 1965
Hubert Aquin appartiene a una nuova generazione di Canadesi francesi. Hanno studiato a Parigi dopo la guerra, si sono perduti nella grande città, hanno conosciuto, grazie ad essa, l’Europa e sono tornati in Canada, fieri di essere quel che sono, senza pregiudizi, senza complessi di inferiorità. Siamo lontani dai giovani intellettuali di oggi, pieni di complessi perché sono Canadesi francesi, che si rifiutano di andare in Francia e che reagiscono con la boria e l’incoltura. Hubert Aquin, al contrario, rappresenta la cultura tradizionale, ma assimilata, vissuta, parte integrante di cio che egli è. Hertel diceva un tempo di certi giovani che essi avevano “letto molto, digerito molto, ma assimilato poco”. Non è questo il caso di M. Hubert Aquin, il quale è, nel nostro ambiente, l’esempio stesso di un magnifico fenomeno culturale. Lo conosco da molto tempo; come fare per astrarsi allorché si tratta di parlare di lui? […] Hubert Aquin, cosa ancora più significativa, è un scrittore nato. Il suo mezzo espressivo è la scrittura. Egli potrà tentare con passione di sfuggire a questa morsa che è il vocabolario concordato, la successione delle idee e dei sentimenti, egli non vi riuscirà mai. Lui stesso lo confessa; egli ha tentato tutto, è divenuto uomo d’affari; tutto, ma invano. La scrittura era lì, ed essa gli avrebbe un giorno forzato la mano e avrebbe vinto su tutto il resto. Cosa dire dello stato della nostra società se un uomo così dotato come Hubert Aquin ha dovuto dedicarsi a dei mestieri prima di accerttare di entrare nel mondo della scrittura, come si entra in quello della religione!
Parlerò anzitutto della poesia che si trova nell’Ultimo episodio. E’ una poesia che sorge dalla geografia mentale di un uomo civilizzato. […] Attraverso tutto il suo libro, Hubert Aquin si dà alla meditazione poetica del raccoglimento e della memoria. Non è invano che egli ha scelto di situare il suo romanzo in Svizzera; è che il lato statico del suo libro è del Quebec e, più specificamente, di Montreal (il finale sarà ambientato a Montreal), e il lato dinamico è europeo, svizzero, romancio, ed esso si situa nell’orbita di Mme de Stael e di Benjamin Constant. E’ che la Svizzera, con i suoi difetti e la lentezza che le si addebita sempre, simbolizza per noi il plesso de l’Europa; è in ultima analisi che ciò che cerca l’eroe di Hubert Aquin (che è lui stesso) allorché vuole perdersi nel cuore della foresta, in mezzo ad alberi preistorici. Questo eroe è un uomo braccato: Egli crede di essere perseguito dalle furie poliziesche, mentre è un uomo alla ricerca del suo passato. In un certo senso egli è il tipico eroe canadese-francese. Il suo dramma è il seguente: perché un uomo alla ricerca del suo passato s’immagina di tradire, di essere colpevole? Ecco la questione fondamentale, nella psicologia dei Canadesi francesi. Tutti i personaggi del romanzo, tutti gli “uomini di qui” volano alla ricerca di quello che sono stati, nel passato immediato, nella nostra storia. Essi non trovano mai niente. Hubert Aquin diventa, grazie alla dote creatrice, il Canadese francese trascendentale poiché in H. de Heutz egli trova la sua controfigura, il suo fratello civilizzato, nel paesaggio più antico del nostro universo. Egli si trova, ma è solo per distruggersi.
I due uomini, il Canadese francese che rifiuta se stesso, in preda alla nevrosi poliziesca, e quello che si accetta, H. de Heutz, il Canadese francese reso alla sua prima umanità, si cercano in un vasto movimento di accerchiamento, per uccidersi. Le due maschere si affrontano. Si completano. Heutz, è Aquin che conosce se stesso e, conoscendosi, si supera fino alla morte. Entrambi vogliono scomparire secondo i riti più implacabili della civilizzazione. “I due guerrieri, tesi l’uno verso l’altro in posture complementari, sono immobilizzati da una sorta di stretta crudele, duello a morte che serve da rivestimento luminoso al mobile scuro”. […] Prossimo Episodio è dedicato alla voluttà di incontrare e uccidere l’immagine ideale di se stesso. Ma come uccidere questa immagine ideale che è quella dell’agente segreto perfetto? Si ucciderà dunque la prossima volta. […]
Prossimo Episodio vuole apparire un romanzo di avventure, di spionaggio, di morte, di arresto. Il narratore è rinchiuso in un Istituto, imprigionato animo e corpo. Racconta gli avvenimenti che, dalla Svizzera, lo hanno condotto, con il terrorismo, fino a questa prigione modello. Perché ha intrapreso questa battaglia? Fino alla fine egli sosterrà che questa lotta è giusta, che è stata condotta secondo le norme più efficaci. Il solo inconveniente è che degli sbirri hanno scovato il nostro eroe in una chiesa, vicino a un confessionale. Sottile vendetta dello Stato clericale a tendenze fasciste! Tutto, in questo mondo, è al rovescio! Nelle Chiese si arrestano le persone; esse sono circondate di macchine, pretesto di parcheggio, e la stessa macchina è diventata simbolo dell’immobilità. E’ questa la ragione per cui bisogna fuggire da questo universo che è menzogna. Hubert Aquin è un uomo che accetta che il mondo nel quale vive sia quello della letteratura. L’altro, quello in cui crediamo di muoverci, solo una brutta copia di questo universo vero. Finchè i nostri scrittori non avranno accettato questa legge fondamentale dell’Arte, essi faranno delle copie, non dei libri. Per fortuna, Aquin, infine si afferma. Non abbiamo più da cercare. Ce l’abbiamo il nostro grande scrittore. Grazie a Dio.