Le Monde Diplomatique, Stefania Pavone
La metafora del tumulto e il silenzio lacera la vita dello scrittore Fathi Shin, dissidente del regime siriano, io narrante del romanzo omonimo percorrendone l’intera vicenda da cima a fondo. Una dicotomia con cui si apre la narrazione: il il tumulto è il fuori, la folla adorante il leader pari al vociare di un’orchestra dissonante nel sogno di Fathi, il silenzio è il luogo degli affetti, della scrittura, dell’amore per Lama, della centralità della figura materna. Tutto inizia in un’estate caldissima: lo scrittore Fathi Shin, bandito dal regime siriano per la critica dissidente dei suoi scritti si agita nel letto. Sono anni che non fa più nulla, preda di un inusitata indolenza. Da fuori gli arrivano gli echi della folla inneggiante il leader per i suoi venticinque anni di potere. Gli intellettuali sono schiacciati dal servilismo, la poesia una caricatura del regime. In mezzo alla disperazione del silenzio cui è stato piegato dalla dittatura si aprono spazi di vita: lo humor graffiante verso il potere e l’amore per Lama caratterizzato da una forte passione sessuale che lo riscatta dalla miseria della sua condizione si fanno zone di resistenza della vita dall’oppressione di un potere grottesco e ineffabile. La storia di Fathi precipita quando la madre decide di sposare il signor Ha’il, divenuto in maniera grottesca funzionario del leader per averne evitato la caduta a terra a seguito di uno scivolamento nel corso di un comizio. Dopo aver salvato uno studente durante una manifestazione. Lo scrittore viene catturato dai servizi segreti e messo in prigione. La cella è il ritorno del silenzio dopo il tumulto dell’interrogatorio. Fathi Shin si ritroverà davanti proprio il signor Ha’il a chiedergli di diventare uno scrittore del regime. O di morire. Ancora una volta l’alternativa scivola tra il silenzio e il tumulto. Dice Fathi: “cerco di non pensare all’alternativa in cui il signor Ha’il ha voluto incastrarmi, due opzioni una più terribile dell’altra. Non ho che la scelta tra la padella e la brace, non esiste una soluzione intermedia. Perché non mi lasciano solo nella mia solitudine? Che fastidio può dare il mio silenzio al regime? Il tumulto del potere o il silenzio della tomba. Avrei senza dubbio optato per il secondo ma so perfettamente che questo nel discorso del signor Ha’il non è che una metafora per indicare qualcosa di ben più tremendo. Ha pianificato ogni particolare in maniera diabolica, coinvolgendo mia madre nel suo piano.“. Ma non ci sarà una soluzione al dilemma del ruolo dell’intellettuale sotto la dittatura. Il romanzo si conclude con un sogno: Fathi assiste allo stupro della madre da parte del signor Ha’il e la vede godere nonostante la violenza esercitata dall’uomo. Un tumulto in cui il silenzio questa volta non può arrivare se non in una risata che Lama e Fathi stendono sulla scena.
Recensione del libro ‘il silenzio e il tumulto‘ dello scrittore siriano Nihad Sirees, tradotto dall’arabo da Federica Pistono
Il Sirente ha continuato ad occuparsi di Siria con i seguenti titoli:
L’autunno, qui, è magico e immenso (Golan Haji)
E se fossi morto? (Muhammad Dibo)
Il ragazzo di Aleppo che ha dipinto la guerra (Sumia Sukkar)