Amina Di Munno

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Amina Di Munno
Amina Di Munno

Amina Di Munno, docente di Lingua e Letteratura portoghese presso l’Università di Lingue e Letterature Staniere dell’Università degli Studi di Genova e membro della commissione di dottorato presso la stessa Facoltà, ha svolto parallelamente una ricca attività come traduttrice di letteratura in lingua portoghese e inglese. Nel campo degli studi letterari si è dedicata sia allo studio degli autori portoghesi, fra i quali citiamo Fernando Pessoa, Eça de Queiroz e Antero de Quental, sia all’analisi di opere e autori della letteratura brasiliana. Tra questi si è dedicata soprattutto a Machado de Assis e Milton Hatoum. A tutto ciò si sono andati sommando gli articoli e gli interventi risultanti dalle riflessioni sulla sua intensa attività come traduttrice letteraria, facendo di Amina Di Munno una traduttrice di letteratura in lingua portoghese tra i pochi che, in Italia, si occupa anche di approfondire e trasmettere le sue conoscenze negli studi della traduzione. L’intervista che segue ne delinea un profilo tracciato da anni di esperienza negli ambiti, diversi ma intimamente interconnessi, della lingua, della letteratura e della traduzione, visti dall’angolo di una determinata cultura, quella italiana.

Cadernos de Tradução (CT): Come e quando è nato il suo interesse per la traduzione?

Amina di Munno (AM): Mi dedico alla traduzione letteraria da circa trent’anni, ma per parlare di come e quando sia nato il mio interes- se per la traduzione è necessario fare un piccolo passo indietro nel tempo e nello spazio. Avendo soggiornato negli Stati Uniti per un periodo piuttosto lungo, tra la fine degli anni settanta e l’inizio degli anni ottanta, ho avuto modo, grazie alla conoscenza della lingua portoghese, di fare parte come esperta linguistica di un gruppo di specialisti informatici che avviavano allora sul mercato mondiale uno dei metodi traduttologici d’avanguardia e che consisteva nel tradurre automaticamente testi fra diverse coppie di lingue naturali. Presso LATSEC, Inc. and World Translation Center di San Diego in California ho, così, approntato un manuale per la traduzione au- tomatica dall’inglese al portoghese secondo il metodo SYSTRAN, acronimo di System Translation. Al rientro in Italia, nel fare i primi passi nel mondo accademico, ho lasciato alle spalle l’aspetto tecnologico della traduzione e, senza il supporto delle teorie, che si sono andate sviluppando quasi contemporaneamente alla matura- zione della mia esperienza come “praticante” della traduzione, ho portato avanti il mio progetto di far conoscere ai lettori italiani, il più possibile, il frutto di tanti autori che esprimono l’arte di fare narrativa o poesia in lingua portoghese.

CT: Lei ha tradotto e traduce nomi importanti della letteratura portoghese e brasiliana. Cosa la guida nelle scelte degli autori e delle opere?

AM: Ho iniziato nel 1983 traducendo Fernando Pessoa e un articolo su Pessoa di un Joaquim-Francisco Coelho, che avevo conosciuto personalmente negli Stati Uniti. Da lì, i grandi dell’Ottocento por- toghese e brasiliano: Eça de Queirós e Machado de Assis. Tornan- do al Novecento, ho tradotto Clarice Lispector e molti altri autori ai quali sono stati conferiti prestigiosi premi letterari. La scelta è stata guidata da più fattori, alcuni contingenti, legati a progetti di ricerca o a particolari esigenze editoriali, altri dettati da un gusto personale, che rende senz’altro più godibile la lettura e, dunque, più agevole la trasposizione in italiano. Su questi motivi, tuttavia, è prevalsa l’idea di offrire al pubblico italiano i modelli elevati della narrativa e della poesia di lingua portoghese.

CT: Secondo lei il lettore italiano cosa cerca nelle letture brasiliane?

AM: Penso che sia difficile generalizzare. I lettori italiani, come i lettori di tutto il mondo, sono estremamente eterogenei. Ognuno di noi ha il proprio bagaglio di esperienze e di cultura, le proprie predilezioni e avversioni e di conseguenza ciascuno di noi opera scelte individuali. Immagino che il Lettore Modello non cerchi i luoghi comuni e gli stereotipi del Brasile che rimandano a sole, spiagge, carnevale e belle mulatte, almeno non più. Fra i miei stu- denti alla Facoltà di Lingue scopro non solo interesse, ma trasporto ed entusiasmo per le pagine della letteratura brasiliana, il più delle volte considerate insospettabili. Oggi il Brasile è visto come una potenza in espansione e uno strumento per conoscerlo più appro- fonditamente, oltre, naturalmente, al turismo e alla musica, è la fonte letteraria.

CT: Quali sono gli strumenti che il traduttore dovrebbe utilizzare per ampliare la visione interpretativa del lettore di una letteratura straniera?

AM: In assenza di un apparato critico o di una prefazione, uno stru- mento unico, direi: la fedeltà. Questo concetto implica, tuttavia, una serie di parametri (realia, associazioni, falsi amici, ecc.) che il traduttore è chiamato a non ignorare se vuole, appunto, ampliare la visione interpretativa del lettore di un’opera a cui egli non ha accesso nella lingua originale. Essere fedeli al testo di partenza significa, fra le altre cose, cogliere nelle pieghe del discorso ogni sfumatura di ordine lessicale, psicologico, ogni allusione ironica, tragica o sarcastica che sia e ricodificare il messaggio operando una scelta linguistica che rispecchi, quanto più possibile, lo stesso ambito  connotativo.

CT: In Italia sono in maggioranza donne ad aver tradotto Machado de Assis. Secondo lei è solo una coincidenza? O si può parlare di una certa “sensibili al femminile” nella scelta di questo autore?

AM: Premetto, come è già stato osservato più volte, che Macha- do de Assis non occupa ancora nella letteratura mondiale il po- sto che merita. Le traduzioni di Machado in Italia sono dovute in maggioranza alle donne, non so se per coincidenza o per il fatto che, potrebbero essere, statisticamente, più numerose le donne a dedicarsi al mestiere di traduttrici. Ribalterei, piuttosto, i termini della questione. È stato il talento di Machado a narrare con estrema sensibilità l’universo femminile. Il suo genio ha messo in risalto le emozioni, i sentimenti, i pensieri dell’animo femminile come non era mai accaduto prima di lui. Le sue eroine conferiscono valore alle donne, esse sono il punto cruciale dell’intera narrativa. Basti pensare alla figura enigmatica di Capitu, alle numerose protagoni- ste dei suoi originalissimi racconti. Anche per questo Machado è stato un grande innovatore.

CT: Secondo lei, com’è il mercato editoriale italiano rispetto alle letterature cosiddette “minori”? L’Italia ha delle politiche definite oppure segue le tendenze di mercato?

AM: È un dato acquisito che il mercato editoriale non solo italia- no, ma mondiale, stia cambiando veste. Le tradizionali pubbli- cazioni cartacee, che fortunatamente resistono ancora alle nuove forme di divulgazione, sono quelle a cui chi è avvezzo al piacere di avere un libro in  mano, non vorrà, non  vorrebbe, mai do- verci rinunciare! Tuttavia sono sempre più numerose le forme di pubblicazione alternative: dal mercato digitale, come DVD, banche dati, servizi internet, audiolibri, agli e.books. È reperibi- le, appunto, online, “Il rapporto sullo stato dell’editoria italiana 2010” da parte dell’AIE (Associazione Italiana Editori) che pre- senta i dati relativi agli anni 2008 e 2009. Da questa indagine si deducono molti dati interessanti, nonché quelli che riguardano il rapporto fra opere italiane pubblicate e opere straniere. Mentre il numero delle opere italiane edite all’estero è in aumento, in Italia c’è un calo nel numero dei titoli e, non solo, dei libri tradotti si produce un numero minore di copie. Alla letteratura brasiliana e in generale alla letteratura lusofona, a cui accede, secondo le stime, un pubblico di nicchia, malgrado tutto, sono interessati numerosi editori e nelle librerie italiane si trovano sia opere di autori già noti sia alcune produzioni di giovani scrittori, grazie anche al ruolo di divulgazione delle università. Il problema è che le edizioni sono destinate a scomparire nell’arco di un breve pe- riodo, proprio perché le tirature sono esigue e rare le riedizioni. Le politiche editoriali, le scelte dei titoli fanno parte delle dinami- che e dei disegni ideologici di grandi e piccoli editori. Un libro, che è un saggio illuminante su queste questioni, è stato pubblicato da Einaudi nel 2004 ed è: Storia dell’editoria letteraria in Italia. 1945-2003, di Gian Carlo Ferretti. Lo si legge come un romanzo.

CT: Lei traduce testi in prosa e poesia. Ha qualche preferenza? La poesia è sempre ritenuta un genere che offre diverse difficoltà al traduttore. Secondo lei questo è vero?

AM: Ho tradotto molti più testi in prosa che in poesia, per una questione di preferenza, forse, ma anche, molto più prosaicamente, per una ragione di mercato. Spesso si sente dire: “la poesia non vende” e, dunque, è più difficilmente proponibile in ambito edito- riale. Bisogna distinguere, naturalmente, fra i diversi tipi di com- ponimenti e nella maggior parte dei casi è plausibile che la poesia sia ritenuta un genere che offre maggiori difficoltà al traduttore. All’interno dello stesso genere poetico, inoltre, ci sono differenze: rispettare le forme metriche della poesia lirica, tradurre un poema epico, solo per fare qualche esempio, richiede maggiore impegno e abilità che tradurre un componimento in versi liberi o, secondo la definizione di Pier Vincenzo Mengaldo, in metrica libera.

CT: Lei mantiene contatto con gli autori che traduce? Se sì, come nasce e si sviluppa questo rapporto? Vorrebbe citare un esempio per illustrare un tipo di collaborazione tra il suo lavoro e uno degli autori che ha tradotto?

AM: Non è mai stato molto stretto né frequente il rapporto con gli autori che traduco, anzi, non lo è, in genere, mentre il lavoro è in corso. È mia abitudine inviare la traduzione dell’opera contem- poraneamente all’editore e all’autore, in modo che ci sia il tempo durante la correzione delle bozze di operare eventuali modifiche su suggerimento degli autori stessi. Si stabilisce, a partire da quel mo- mento, un’intesa e non di rado un’amicizia con gli autori, che mi hanno sempre dimostrato, gratificandomene, stima e fiducia. È sta- to così con Chico Buarque, Milton Hatoum e João Almino, ultimo autore in ordine di tempo che ho tradotto e che è ancora inedito in italiano. Con questi tre autori, peraltro, c’è stato qualche scambio di pareri già prima della conclusione della traduzione. Per quanto riguarda la poesia, direi che un discorso a parte merita il rapporto che si è stabilito con il poeta Cássio Junqueira. Lo studio delle sue poesie rientrava in un programma di ricerca che ho svolto in ambi- to accademico sui “novíssimos” brasiliani. È nato un sodalizio che ci ha portati a presentare insieme l’antologia poetica da me curata e pubblicata in edizione bilingue, sia in Italia che in Brasile, in molte città di entrambi i paesi.

CT: Infine vorremmo sapere cosa significa per lei tradurre, e se potrebbe definire lo stile, la poetica delle sue traduzioni.

AM: Tradurre è innanzi tutto passione, ma anche sfida e, forse, un’arte. Sebbene, durante la revisione del testo sia necessario eser- citare autocritica, mi risulta alquanto difficile pensare di definire, in una sorta di autovalutazione, lo stile, addirittura la poetica delle mie traduzioni, anche perché, alla luce di quanto detto finora, non saprei quanto di “mio” si rifletta in un testo che, sia pure interpre- tato, decodificato e ricodificato, è un testo altrui, caratterizzato da forma, stile, codici, temi, tempi, universi di differenti appartenen- ze. Che il traduttore si adegui a tutto questo, all’idioletto e cioè al sistema linguistico dell’autore che si traduce, è verificabile leggen- do in traduzione più libri dello stesso autore. Se analizziamo, ad esempio, i tre libri da me tradotti di Milton Hatoum: Ricordi di un certo Oriente, Due fratelli, Ceneri del Nord, a parer mio, è più im- mediatamente “riconoscibile” l’autore piuttosto che il traduttore. Lo stesso mi sentirei di dire rispetto alle tre opere che ho tradotto di Eça de Queirós: Il mandarino, La reliquia, Il mistero della strada di Sintra, o dei numerosi racconti di Machado de Assis. Con ciò non intendo affermare che l’elaborato del traduttore sia anonimo o privo di stile, forse sfugge soltanto a una definizione precisa, a una coerenza assoluta, in quanto, dovendosi adattare alle variabili a cui si è fatto cenno, può acquisire un carattere di malleabilità.

Intervista concessa ad Andréia Guerini & Anna Palma

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