Un romanzo visionario che con coraggio sfugge agli schemi letterari egiziani
Da Reset-Dialogues on Civilizations
Recensione di “Vita: istruzioni per l’uso” di Ahmed Nàgi di Francesca Bellino del 22 settembre 2016
“Benvenuti nell’infernale Cairo, dove la vita è una continua attesa e l’odore di immondizia e sterco di animali di qualunque sorta è in ogni dove” scrive lo scrittore e blogger egiziano Ahmad Nàgy in uno dei tanti passaggi del suo romanzo Vita: istruzioni per l’uso, (Il Sirente, traduzione dall’arabo di Elisabetta Rossi e Fernando Fischione), in cui descrive la capitale egiziana come una soffocante “realtà da incubo”, un luogo dove anche il fiume Nilo si intristisce quando lo attraversa.
É senza dubbio Il Cairo, con il suo declino e la sua auspicata e necessaria “riedificazione”, la protagonista del romanzo che per Nàgi ha significato una condanna dal tribunale di Bulaq lo scorso 20 febbraio a due anni di carcere per “offesa alla pubblica morale” seguita alla pubblicazione sul periodico letterario Akhbar el Adab di un estratto del romanzo pubblicato in Egitto nel 2014 con il titolo Istkhdam al-Hayat. Il “reato” si riferisce in particolare all’esplicita scena di sesso con cui si chiude il sesto capitolo che racconta una serata tra ventenni trascorsa rollando canne, bevendo birra, discutendo sulle ultime mode come il feticismo sessuale di leccare le pupille e sognando l’amore.
Insieme a una fotografia critica del Cairo, il romanzo offre al lettore anche una dettagliata e disperata descrizione della contemporanea gioventù egiziana, spaesata, frustrata, impossibilitata a manifestare e vivere i sentimenti, alla continua ricerca di libertà e benessere in una società triste e repressa che improntata le relazioni sull’apparenza e il giudizio altrui.
“Qui dicono: Fa’ come vuoi, ma esprimi i tuoi sentimenti come vogliono gli altri” scrive Nàgi evidenziando che “quando vivi o ti muovi dentro il Cairo, vieni costantemente offeso. Anche mettendo insieme tutte le forze della terra, non potresti cambiare questo destino”.
Tutto il romanzo che si presenta in una forma narrativa sperimentale, arricchito dalle illustrazioni dell’artista cairota Ayman al-Zurqany, è attraversato da questo sentimento di rassegnazione e da un senso di sconfitta e d’impossibilità di cambiare il destino individuale e della nazione. “Non sei padrone di te stesso, non sei padrone di niente in questa città. È lei che ti possiede” scrive l’autore per marcare l’impotenza dei giovani egiziani e la loro sofferenza di vivere in una città capace solo di addestrare alla speranza.
Nàgi non fa cenni al prima o dopo rivoluzione 2011. Per lui i problemi strutturali delle relazioni sentimentali e carnali della società egiziana restano sempre uguali: tesi e difficili. “I fortunati che in questa città superano la fase della repressione sessuale – spiega -, finiscono per trovarsi in un’area in cui il sesso non è che un ramo secondario dell’amicizia. Altrimenti, diventa un chiodo fisso”.
L’atmosfera catastrofica si respira sin dalle prime pagine in cui l’autore propone una distopia, un fenomeno spaventoso, “lo Tsunami del deserto”, per cui gli abitanti del Cairo si risvegliarono sepolti sotto tonnellate di sabbia e polvere. Per parlare del presente, dunque, Nàgi ipotizza un futuro in cui nasce “La Società degli Urbanisti”, un’organizzazione retta dalla potente maga Paprika, che vuole distruggere il Cairo delle contraddizioni per creare un nuovo centro urbano futuristico in cui a far da padrona è la tecnologia. In questo modo Nàgi introduce nella narrativa araba con derive fantascientifiche, la catastrophic fiction, un genere che gira intorno alla distruzione del pianeta terra con catastrofi naturali, proprio come avviene nell’incipit del libro. Ricostruire il Cairo dopo la sua necessaria distruzione (intesa come evento purificatore), diventa il cuore della storia.
Nàgi, già conosciuto in Italia per il suo esordio, Rogers e la via del Drago divorato dal Sole (Il Sirente, 2010), dimostra anche questa volta la sua abilità descrittiva nell’offrire al lettore una radiografia dei “raggruppamenti umani invisibili” che abitano la città millenaria: dai fanatici religiosi che si muovono in gruppi di fratelli e sorelle agli omosessuali, dai bambini di strada immersi nei fumi della colla tra le baraccopoli agli spacciatori di hashish, dagli uomini d’affari obesi agli scambisti e ai sadomasochisti.
A queste pagine va aggiunta l’esilarante carrellata degli “animali del Cairo”, una serie di caratteri che si posso incontrare per le strade della capitale egiziana: dal cane randagio all’artista pesce-gatto, dalla fanciulla velata al rinoceronte selvatico, dallo scarafaggio ai dervisci, dal verme allo sheykh-tigre, al taxi biologico al topo nero.
Nàgi, al quale PEN International ha assegnato il Premio Barbey Freedom to Write, non è l’unico caso di voce critica zittita nell’era Al-Sisi. Del libro e di libertà d’espressione violata si parlerà al Festival della Letteratura Mediterranea a Lucera il 25 settembre alla presenza, tra gli altri, dell’autore delle illustrazioni Ayman al-Zurqany nel focus “Tutti i segni della dissidenza”.